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sabato 19 luglio 2025

FSB: cani da guardia del potere di Putin


Nota Generale. Per via della varieta di acronimi e titoli anche simili tra loro, i reparti informatici o strettamente correlati dello FSB sono stati evidenziati in rosso




 1. Introduzione

Dopo il GRU e lo SVR è arrivato il turno dello FSB, Federal’naya Sluzhba Bezopasnosti, il servizio russo di sicurezza interna, principale successore del KGB sovietico dal quale ha ereditato anche il corpo guardie di frontiera che presidia i confini della Federazione Russa.

Compito principale dello FSB, da 20 anni guidato da Aleksandar Vasiljevič Bortnikov, è la protezione dello homefront rispetto a qualsiasi genere di minaccia ipotizzabile, compresa la raccolta di informazioni relativamente alla dissidenza interna, crimine organizzato, terrorismo e separatismo anche al di fuori dei confini russi (1).

Quella dello FSB è in effetti una “giurisdizione allargata” in quanto oltre al territorio russo comprende l’intero spazio ex-sovietico (Ucraina inclusa), che viene quindi considerato alla stregua di un “cortile di casa” (2). È allo FSB infatti che va attribuita buona parte di responsabilità nel fallimento iniziale in Ucraina, in particolare relativamente alla mancata neutralizzazione di Zelensky ed all’errata valutazione (non si sa se per superficialità oppure piaggeria verso Putin) circa le reali attitudini della popolazione ucraina nei confronti della Russia: fallimento che ha portato alla parziale epurazione del 5° Servizio di Sergei Beseda, responsabile sull’Ucraina, vale a dire il dipartimento affari esterni dello FSB incaricato, tra l’altro, di azioni dirette di destabilizzazione, sovversione ed omicidi mirati, fino alla realizzazione di colpi di stato nello spazio ex-sovietico.

Figura 1. La leadership FSB


2. Organigramma generale


Abbiamo accennato al 5° Servizio denominato “Informazioni operative e comunicazioni internazionali”: ebbene, la struttura interna dello FSB comprende il direttorato centrale e nove servizi, oltre ad otto direttorati separati.

Relativamente ai servizi, che rappresentano le sub-divisioni operative dello FSB, risultano essere i seguenti (Figura 2):

🔹Direttorato Centrale. È il reparto comando di Bortnikov e contiene al suo interno diversi dipartimenti speciali, tra cui il 16° Centro intelligence elettronica. Sovrintende anche al famigerato carcere di Lefortovo.

🔹1° Servizio controspionaggio (SKR). Dal 2015 è agli ordini di Vladislav Menshchikov, nominato a rimpiazzo di Oleg Siromolotov. Contiene al suo interno il 18° Centro sicurezza informatica e delle informazioni (unità 64829).

🔹2° Servizio ordine costituzionale ed antiterrorismo (SZKSiBT). Da marzo 2006 è agli ordini di Alexey Sedov, noto alle cronache italiane. Contiene al suo interno il Centro Attività Speciali (TsSN) che dispone delle unità Spetsnaz Tier-1 Alpha e Vympel più o meno paragonabile alla Delta Force ed al Seal Team 6 americani.

🔹3° Servizio tecnico-scientifico, fino dicembre 2023 agli ordini di Eduard Chernovoltsev, poi dimissionato per uno scandalo e rimpiazzato da Mikhail Yuryevich Mikhailov. Contiene al suo interno l’8° Centro per la sicurezza delle informazioni, il 10° Centro Ricerche nonché l’11° Centro Equipaggiamenti Speciali.

🔹4° Servizio sicurezza economica (ZKS o SEB). Contiene, tra gli altri, un Direttorato “M”, anticorruzione e controspionaggio ministeriale (UVB). Fino al luglio 2016 era agli ordini di Yurij Yakovlev, rimpiazzato da Sergei Korolev (2016-2021). Questo servizio è il coltello puntato alla gola degli oligarchi russi e pare che nel 2010 sia stato spostato dal 4° Servizio al Direttorato Centrale, quindi sotto il diretto controllo di Bortnikov.

🔹5° Servizio informazioni operative e relazioni internazionali. È il reparto analisi e pianificazione strategica responsabile del fallimento in Ucraina dal 2005 al 2022 agli ordini di Sergei Beseda.

🔹6° Servizio organizzazione e personale (SOCR) dal 1999 al 2023 agli ordini di Evgenij Lovyrev. Rimpiazzato da Alexandr Kotov.

🔹7° Servizio di supporto amministrativo e audit.

🔹8° Servizio di frontiera comprendente il corpo delle Guardie di Frontiera.

🔹9° Servizio sicurezza interna, ovvero il controspionaggio interno all’FSB.Nelle righe seguenti prenderemo in esame i soli 1° Servizio e 3° Servizio nei quali sono concentrate le principali capacità informatiche dello FSB, riservandoci ad eventuali future occasioni l’analisi sugli altri servizi.


Nelle righe seguenti prenderemo in esame i soli 1° Servizio e 3° Servizio nei quali sono concentrate le principali capacità informatiche dello FSB, riservandoci ad eventuali future occasioni l’analisi sugli altri servizi.

Figura 2. Organigramma generale dello FSB





3. Il Primo Servizio Controspionaggio

Il 1° Servizio controspionaggio (SKR), che deriva dal Secondo direttorato principale del KGB, è uno degli elementi portanti dello FSB ed al suo interno contiene diversi direttorati ed uffici tra cui un dipartimento controspionaggio militare (DVKR) incaricato di monitorare le forze armate, posto agli ordini di Nikolai Petrovich Yuryev ed identificato come unità 70850.

Compito istituzionale del 1° Servizio è il contrasto “classico” alle attività dei servizi segreti stranieri entro i confini della federazione russa, compreso il monitoraggio di giornalisti e media; all’interno del servizio, ad esempio, è presente un dipartimento DCO preposto a contrastare i servizi segreti avversari e specificatamente la CIA e il servizio britannico MI6. 

Non solo: con il passare del tempo il 1° Servizio ha esteso le proprie attività alle operazioni informatiche all’estero ed al contrasto alla cybercriminalità russa, in questo appoggiato dal dipartimento K del Ministero Affari Interni.

Comandante del 1° Servizio è il primo vicedirettore FSB, nello specifico Vladislav Menshchikov nominato il 7/4/2015. Vice comandante è il maggiore generale Dmitry Viktorovich Minaev organizzatore, nel 2017, dell’omicidio di due alti ufficialii dell’intelligence ucraina SBU.

Di rilevante importanza, all’interno dell’attuale 1° Servizio, è il 18° Centro CIB, derivato dal precedente Direttorato per la Sicurezza Informatica e delle Informazioni, noto anche come UKIB.


1° Servizio. Organigramma generale

🔹Dipartimento operazioni di controspionaggio (DCO). Comandante, Alexander Vasilievich Zhomov.

🔹Direzione coordinamento e analisi attività di controspionaggio (UKAKD). Comandante, Aleksandr Petrovich Roshchupkin.

🔹Dipartimento supporto informativo per le attività investigative (UIOSA)

🔹Ufficio Eventi Speciali.

🔹Dipartimento controspionaggio militare (DVKR). Comandante generale Nikolay Petrovich Yuryev.

🔹Centro per la sicurezza informatica TSiB , con all’interno il 18° Centro CIB. Comandante Sergey Skorokhodov.

Figura 3. Diagramma evolutivo delle unità informatiche del 1° Servizio FSB



4. Il Terzo Servizio Tecnico Scientifico

È la componente di ricerca, studio e sperimentazione dello FSB. Nei suoi centri e laboratori vengono progettate e testate tutte quelle soluzioni tecniche e dispositivi poi utilizzati durante le missioni. Contiene al suo interno diverse componenti, vale a dire:


🔹8° Centro per la sicurezza delle informazioni. Organismo inizialmente esterno allo FSB focalizzato sulla crittografia delle comunicazioni. Inizialmente esterno allo FSB, viene in seguito assorbito e messo in competizione con il Centro TsIB del 1° Servizio.

🔹10° Centro Ricerche (unità 35533) con il centro tecnologie speciali NII-1 (unità 34435).

🔹11° Centro Equipaggiamenti Speciali (unità 68240) di Vladimir Bogdanov, che a sua volta controlla un centro ricerca criminalistica (NII-2): quest’ultimo coinvolto negli avvelenamenti di Navalny e Kara-Murza.

🔹Direzione comunicazioni speciali. Organismo preposto alla sicurezza e monitoraggio della rete di telecomunicazioni interna FSB.

🔹Dipartimento organizzativo e analitico. Posto agli ordini di Dmitri Silantyev si occuperebbe della revisione delle procedure interne

🔹Centro studi e sviluppo. Dal 2012 agli ordini di Alexey Yuryevich Maruev, si occupa di elaborare modelli tecnici di risposta a scenari di crisi, ad esempio in materia di antiterrorismo ed eventi di massa, comprese simulazioni antisabotaggio e stress-test contro obiettivi statici e dinamici.


5. Direttorato Sicurezza Informatica del 1° Servizio

Nel corso del 1998, nell’ambito dello FSB, venne costituito un nuovo dipartimento denominato Upravlenie Kompyuternoy I Informatsionnoy Bezopasnosti, ovvero Direttorato per la sicurezza informatica e delle informazioni acronimizzato in UKIB: tale dipartimento fu sostanzialmente messo in competizione con la FAPSI, agenzia che nel 1991 aveva rilevato dal disciolto KGB il 16° dipartimento spionaggio elettronico e decrittazione, ribattezzato nell’ambito della FAPSI come 3° Direttorato GURRSS, (Glavnoye Upravlenie Radioelectronnoi Razvedki Na Setyah Svyazi) ossia Direzione principale dell’intelligence elettronica (SIGINT) nelle comunicazioni). Il 3° GURRSS e quindi la stessa FAPSI furono agli ordini di Vladislav Sherstyuk.

Il predominio della FAPSI nell’intelligence elettronica fu però intaccato dall’emergere dello FSB che nel 1998, sotto la direzione di Putin, procedette all’attivazione del sopramenzionato Direttorato UKIB.

La nascita dell’UKIB segnò l’inizio del declino della FAPSI, che l’11 marzo 2003 venne disciolta e smembrata tra gli altri servizi di sicurezza (SVR, FSO e FSB): allo FSB in particolare fu trasferito l’Intero GURRSS che venne quindi rinumerato 16° Servizio intelligenza elettronica ELINT (Unità 71330) (3) mentre lo stesso UKIB fu riconfigurato come centro TsIB ovvero Tsentr Informatsionnoy Bezopasnosti (Centro Sicurezza Informazioni) dal 2017 posto agli ordini di Sergey Skorokhodov e contenente al suo interno il 18° Centro CIB (unità 64829). Tutto questo processo è graficamente descritto nella Figura 3.


Centro Sicurezza informazioni TsIB del 1° Servizio


Si tratta del servizio preposto alla protezione tecnica delle reti informatiche, al monitoraggio e repressione delle attività clandestine, compresa la criminalità informatica ed alla raccolta di informazioni sul Web.


Un ulteriore compito dello TsIB è la censura informatica in collaborazione con l’agenzia federale Roskomnadzor attraverso il sistema di monitoraggio della rete SORM-3. All’uopo fin dal 2000 sui computer del Ministro della difesa e del Ministero affari interni sono stati installati sistemi di monitoraggio della rete internet.


Proprio per via del suo ruolo, lo TsIB si ritrova ad avere contatti con hacker e gruppi cybercriminali di varia natura: da qui la pratica frequente di reclutarli come collaboratori in alternativa alla galera.


Lo TsIB è stato per lungo tempo agli ordini di Andrey Gerasimov, poi rimpiazzato il 26/7/2017 a causa di una epurazione provocata dall’arresto per tradimento di alcuni dei suoi dipendenti, tra cui l’ex direttore del primo dipartimento TsIB Sergey Mikhailov ed il suo subordinato Dmitri Dokuchaev. Dopo tale rimpasto la posizione di Gerasimov sarebbe stata affidata al suo vice, Sergey Skorokhodov.


L’accusa di tradimento, a quanto pare sostenuta dal GRU, sarebbe stata quella di avere trasmesso informazioni ai servizi USA relativamente alle intrusioni dello stesso GRU nei server del Partito Democratico americano del 2016. Questo evento avrebbe causato un ridimensionamento del ruolo dello TsIB con attribuzione di talune delle sue funzioni all’8° Centro. Sarebbe invece sopravvissuta al ridimensionamento la parte più propriamente informatica dello TsIB, vale a dire il 18° Centro CIB, passato sotto il diretto controllo di Skorokhodov.


Secondo i dati disponibili, la configurazione interna dello TsIB risultava la seguente:


🔹Primo dipartimento operativa: si occupa essenzialmente del monitoraggio web e della censura e rimozione di materiali dalla rete. Dal 2017 opera agli ordini di Jahongir Yuldashev.

🔹Secondo dipartimento operativo. Posto agli ordini di Oleg Kashentsov.

🔹Direzione tecnologia dell’informazione (UIT). Posta agli ordini di Alexei Grachev, rimpiazzo di Dmitri Pravikov, coinvolto nell’epurazione.


Nei primi anni 2000 si delinea quindi l’assetto generale delle risorse di cyberintelligence dello FSB, poi implementate nel 2014 ed arrivato ai giorni nostri, che riassumiamo come segue (Figura 3):


Direttorato Centrale

16° Centro (ex GURRSS)

🔹🔹🔹Stazioni SIGINT

🔹🔹🔹Turla APT


1° Servizio

18° Centro CIB (ex UKIB) 64829

🔹🔹🔹Callisto Group APT

🔹🔹🔹Gamaredon (Blue Alpha) APT


3° Servizio Tecnico-Scientifico NTS

8° Centro (TsZI), ex-GUPS-FAPSI

🔹🔹CERT

10° Centro Ricerche

🔹🔹Istituto Ricerca NII-1

– 11° Centro Equipaggiamenti Speciali

🔹🔹Istituto Ricerca NII-2 criminalistica


Figura 4. Organigramma delle risorse informatiche dello FSB (bordatura rossa) suddivise per dipendenza gerarchica


6. I nuclei informatici dello FSB


Dopo aver descritto la struttura che li contiene passiamo ora alla disamina dei nuclei informatici a disposizione dello FSB.


16° Centro

Originato dal 3° Direttorato GURRSS della FAPSI, diviene 16° Centro TsRRSS nel marzo 2003 e per lungo tempo risponde agli ordini di Sergei Buravlev, stretto sodale della prima ora di Sherstyuk, comandante della FAPSI.

A differenza del 18° Centro, collocato all’interno del 1° Servizio, il 16° Centro si troverebbe alle dirette dipendenze del Direttorato centrale e quindi a disposizione di Bortnikov, unitamente a diversi altri uffici e dipartimenti, sia specializzati, sia di natura più generale.

Col tempo il 16° Centro acquisisce una doppia identità operativa:

🔹da un lato mantiene le capacità SIGINT di intercettazione, decifratura ed elaborazione dei segnali elettronici attraverso diverse stazioni d’ascolto disseminate in prossimità delle frontiere NATO.

🔹Dall’altro lato, a partire dal 2010, introduce e consolida importanti capacità di intrusione informatica mediante appositi team di cyberincursori in grado di violare i sistemi avversari: in questo, assieme al 18° Centro, è uno dei due nuclei informatici offensivi a disposizione dello FSB, meglio conosciuto in Occidente come Berserk Bear, Dragonfly, Energetic Bear, Venoumous Bear ecc., vale a dire con i nomignoli dei team di volta in volta attori di minacce informatiche.

Altresì, secondo l’onomastica militare russa il 16° Centro è identificato come unità 71330.

Classificato come APT (Advanced Persistent Threat), il centro è ritenuto responsabile di numerose operazioni informatiche in Europa e Nordamerica mediante diversi metodi intrusivi analizzati anche dai Kaspersky Lab: tra questi le attività di phishing perpetrate tra il 2002 ed il 2017 ad oltre 3.300 funzionari di 500 aziende ed agenzie federali del comparto energetico americano, con conseguente emissione da parte dell’FBI nel 2021 di mandato di cattura contro tre ufficiali russi del 16° Centro ritenuti autori delle violazioni.

Oltre a ciò, sono attribuite al 16° Centro le campagne informatiche contro gli entourage di Navalny (2017) e Khodorkovskiy (2020), nonché lo sviluppo di malware come Snake largamente utilizzato per quasi 20 anni tra il 2004 ed il 2023 contro almeno 50 paesi.

Il mandato di cattura FBI contro i tre agenti hacker del 16° Centro



Come sopra accennato il 16° Centro si serve di gruppi hacker, ma anche di imprese private hi-tech russe fornitrici di servizi, tra cui SyTech a sua volta violata nel 2019 da un gruppo hacker denominato 0v1ru$, con furto di 7,5 Tb di dati, poi diffusi al pubblico relativi ai progetti FSB commissionati alla stessa SyTech, compresa una raccolta dati sugli utenti dei social media e la deanonimizzazione del traffico TOR. SyTech, formalmente società privata è in realtà una emanazione dell’Istituto di Ricerca Kvant a suo tempo controllato dal KGB ed ora passato sotto l’egida FSB come laboratorio di sviluppo armi informatiche.

Un dettaglio importante: le attività del 16° Centro non sono di natura immediatamente distruttiva né puntano al sabotaggio fisico dei sistemi violati (acquedotti, reti elettriche, del gas, dei servizi, delle TL e trasporti, sanitarie ecc.), bensì di infiltrazione occulta e monitoraggio a lungo termine con l’intento di tracciare mappe dei sistemi e delle procedure avversarie e relative vulnerabilità: il tutto al fine di fornire quei dati, strumenti e capacità di interferenza ai decision-makers del Cremlino, necessari ad elaborare scenari applicabili in situazione di crisi.


18° Centro

A differenza del 16° Centro, focalizzato sulle intrusioni all’estero, il 18° Centro appare concentrato prevalentemente sul fronte del controspionaggio interno, comprese le operazioni offensive in territorio ucraino.

Per tale ragione il 18° Centro CIB, noto anche come Unità 64829, si trova all’interno del 1° Servizio ed avrebbe a disposizione almeno due team APT noti come Callisto e Gamaredon:

🔹 per quanto riguarda Callisto (aka Coldriver), si tratterebbe di un gruppo attivo dal 2015 nello spionaggio informatico ai danni di Europa Occidentale, Caucaso e Stati Uniti, nonché l’Ucraina da dopo l’invasione. In particolare, Callisto avrebbe preso di mira entità private collegate con il supporto all’Ucraina, oltre ad ONG ed istituzioni occidentali.

🔹 Per quanto riguarda Gamaredon, si tratterebbe di una APT identificata nel 2013 e rivelatasi particolarmente attiva a partire dalla fase propedeutica all’invasione dell’Ucraina. Fin dal 2021 infatti fonti ucraine indicano Sebastopoli come base di Gamaredon, da dove sarebbero partite campagne di spear-phishing e di infiltrazione attraverso vulnerabilità Zero-Days, attuate mediante tools informatici noti ma costantemente aggiornati, a conferma delle elevate capacità tecniche del gruppo. Nel solo 2022 Gamaredon avrebbe colpito l’Ucraina con ben 70 attacchi informatici oltre ad alcuni indirizzati contro la Lettonia (gennaio 2022).

Secondo gli analisti britannici il 18° Centro avrebbe perpetrato diverse operazioni ai danni di obiettivi nello UK sotto il nomignolo di Star Blizzard.


8° Centro

Si tratta di una unità informatica (TsZI) specializzata in crittografia e sicurezza delle comunicazioni, interna al Dipartimento Tecnico Scientifico NTS e posta agli ordini di Andrei Ivashko, che si dice sia amico e sodale di Konstantin Malofeev.

L’8° centro proveniva dalla FAPSI dove era conosciuto con l’acronimo di GUPS (Direzione principale per la sicurezza delle comunicazioni) e fino al 2016 aveva fatto parte degli elementi di supporto tecnico dello NTS. A sia volta lo NTS, che sovrintende alla ricerca tecnologia ed ai corsi di sicurezza informatica nelle università russe e comprende una divisione UOTM responsabile delle intercettazioni, era stato agli ordini di Nikolai Klimashin, altresì membro del consiglio di sicurezza della federazione.

Nel 2017 dopo l’epurazione dello TsIB, il GUPS venne elevato ai ruoli operativi con il titolo di 8° Centro o più estesamente Centro per la Protezione delle Informazioni e le Comunicazioni Speciali (TsZI).

All’interno dell’8° Centro opera il CERT o Centro Nazionale di Coordinamento sugli Incidenti Informatici (NKTsKI), vale a dire un team di risposta alle emergenze informatiche, costituito nel 2018 ed incaricato di prevenire, individuare ed eliminare le minacce alle reti ed alle infrastrutture.


10° Centro

Si tratta di una unità scientifica codificata 35533, inserita all’interno del 3° Servizio NTS e dotata di un istituto di ricerca denominato NII-1, impegnato nello studio, sperimentazione e sviluppo di componentistica elettronica per sistemi informatici e relativo software. Il centro ha inoltre l’incarico di reperire microelettronica dall’estero, compresa quella sottoposta a sanzioni. Tra le altre attività vi sono programmi di ricerca nel campo dei segnali digitali, reti wireless, crittografia, sistemi di riconoscimento vocale e antropomorfia digitale (A.I.).


Il NII-1 deriva da un precedente centro ricerche controllato dal KGB e denominato TsNIIST, ovvero  Istituto centrale di ricerca scientifica di tecnologia speciale, incaricato di produrre tra l’altro mezzi tecnici e strumenti di rilevamento per ambienti chimici e nucleari.

Dal 2018 il 10° Centro risponde agli ordini di Yurij Germanovich Ugolnikov, mentre nel 2012, l’FBI avrebbe bloccato il trasferimento di componentistica elettronica  destinata alla unità 35533.


Conclusioni

Storicamente l’Unione Sovietica ha sempre prestato molta attenzione alla disinformazione, allo spionaggio ed alla propaganda, meticolosamente supportate da laboratori e centri studio.e ricerca d’eccellenza, in larga misura tutt’ora attivi nella Russia di Putin. Ne deriva quindi una notevole capacità offensiva a livello informatico in grado di provocare al nemico danni potenzialmente gravi, sia in un contesto di guerra ibrida sia di guerra aperta, soprattutto a causa della scarsa consapevolezza e percezione che in Occidente ed  in particolare in Europa, si ha verso questo genere di minaccia e verso i danni che ne potrebbero derivarne ai fragili ecosistemi socioeconomici delle democrazie, intrinsecamente permeabili e difficilmente controllabili.

Si impone quindi, soprattutto in previsione di una resa dei conti definitiva tra Occidente e Russia, che lo scrivente ritiene inevitabile, che l’Europa si attrezzi a livello continentale, con sistemi ed assetti comuni e con l’attivazione di un cybercommando in grado di coordinare le agenzie nazionali e di imporre adeguate strategie di difesa e di risposta alle aggressioni che verranno.


(1) In Russia non esiste una vera e propria compartimentazione del lavoro informatico tra le tre agenzie di intelligence, né un cybercommando unificato che ne coordini le operazioni, le quali vengono invece attribuite a livello presidenziale attraverso il Consiglio di Sicurezza, sulla base di scelte tecnico-operative ma anche politiche. Sono quindi piuttosto frequenti le sovrapposizioni di ruolo e talvolta anche le duplicazioni nelle attività come nel caso dell’incursione ai server del Partito Democratico USA, attuate in tempi diversi dallo SVR e dal GRU apparentemente all’insaputa l’uno dell’altro.

(2) Nel 1992 a seguito di una serie di accordi politici tra Mosca e le ex-repubbliche sovietiche erano state precluse allo SVR le attività di spionaggio nei paesi ex-URSS firmatari dell’accordo. Si era quindi creato un vuoto informativo che Mosca aveva ben presto riempito allargando oltreconfine la giurisdizione dello FSB mediate l’attivazione del 5° Servizio: escamotage che aveva consentito a Mosca di perseguire le proprie attività di intelligence nelle repubbliche ex-URSS, pur rispettando formalmente gli accordi.

(3) Nella vecchia URSS e quindi in Russia, SIGINT riguardava la mera intercettazione dei segnali elettronici ma non la loro decrittazione, mentre ELINT era la branca che decifrava i segnali intercettati.









venerdì 18 luglio 2025

La difesa degli stati baltici (2). La situazione attuale

 

Parte seconda: le iniziative aeronavali e di difesa statica

Parte prima qui



3. Baltic Air Policing

Un secondo apporto NATO alla sicurezza dei paesi baltici è rappresentato dalla Baltic Air Policing (BAP), una missione di sicurezza aerea multinazionale volta a garantire il pattugliamento e la difesa dei cieli di Estonia, Lettonia e Lituania, che non dispongono di una adeguata forza aerea da caccia. La missione, iniziata il 30 marzo 2004, vedevano una limitata presenza dil 4 aerei NATO a rotazione semestrale, basati all'aeroporto lituano di Šiauliai, poi passati a 8÷12 dal 2014, con coinvolgimento della base estone di Ämari e di quella lettone di Lielvarde (dal 2024), quest'ultima utilizzata prevalentemente dai Typhoon tedeschi. 

L'Italia è tra i paesi regolarmente contributori della BAP, unitamente a Spagna, Italia, Olanda, Regno Unito, Francia, Belgio, Norvegia, Danimarca, Stati Uniti, Polonia, Turchia, Romania, Portogallo, Repubblica Ceca, Canada e Ungheria, che nell'arco di oltre 20 anni di missione, hanno intercettato migliaia di velivoli, civili e militari, sorpresi a violare pee errore o per scelta, lo spazio aereo baltico: in maggioranza voli russi col trasponder spento, agganciati e poi scortati in zona di sicurezza. In alcuni casi, il comportamento dei banditi non è stato né professionale né tantomeno amichevole, bensì ascrivibile alla categoria delle provocazioni, con manovre di volo al limite del rischio da parte dei piloti russi, come documentato da questo articolo sulle provocazioni russe nell'area del Baltico: 1992-2013 e 2014-2025

Non a caso nel 2024 è anche aumentata la media delle intercettazioni scramble, tanto da indurre il comando NATO a valutare un piano di aumento delle nazioni contribuenti alla BAP e relativo incremento delle rotazioni al fine di ridurre i carichi di lavoro sui team schierati.

Allo stato attuale la missione BAP coinvolge fino fino a circa 200 uomini tra piloti, tecnici e personale di supporto, collegati a 12 velivoli, tra cui caccia avanzati come F35, Typhoon e Rafale armati tuttavia, per ragioni politiche, di soli missili da intercettazione (AMRAAM e Sidewinder) che ne precludono l'utilizzo in operazioni d'attacco.

Come nel caso della missione EFP, anche per la BAP la NATO ha in corso piani di espansione ed integrazione con altre iniziative di sicurezza in corso nell'area. In particolare è in corso di valutazione la possibilità di schierare in forma permanente sistemi di difesa aerea a lungo raggio come i Patriot, integrandoli con i caccia quale difesa da droni e missili. Dispiegamenti a rotazione di sistemi Patriot in Lituania sono già avvenute in passato, come nel caso di una batteria olandese nel luglio 2024.

Analogamente, sono in elaborazione le procedure di integrazione con il sistema AD NASAMS-3 recentemente acquisito dalla Lituania, con consegne da completarsi entro il 2028. È stata anche prevista la completa integrazione della BAP con la nuova missione NATO Baltic Sentry, inaugurata nel 2025.

Patch della Baltic Air Policing 2009, in questo caso del contingente ceco



4. Baltic Sentry

Si tratta di una nuova missione navale NATO ufficialmente lanciata il 14 gennaio 2025, durante il summit dell'Alleanza di Helsinki, in risposta a una serie di sospetti sabotaggi alle infrastrutture sottomarine nel Mar Baltico, in particolare con danneggiamento di cavi energetici e di telecomunicazione tra Finlandia ed Estonia il 25 dicembre 2024.

Pianificata inizialmente su una durata di 90 giorni, Baltic Sentry risulta tutt'ora in corso con probabilità di diventare una missione permanente, o quantomeno finché sussistono le cause che l'avevano attivata. Nel suo genere è analoga all'Operazione Nordic Warden della Joint Expeditionary Force (si veda oltre), a sua volta lanciata il 7 gennaio 2025 con giurisdizione sopra il Mare del Nord, la Manica ed il Kattegat.

Tecnicamente, Baltic Sentry è coordinata dal Comando delle Operazioni Alleate (Allied Command Operations, ACO) di Mons sotto l’autorità del Comandante Supremo Alleato in Europa (SACEUR), Generale USA Christopher Cavoli. Il Comando Marittimo Alleato (MARCOM) di Northwood (UK) sovrintende la missione nelle sue linee generali, mentre il Comando Task Force Baltic (CTF Baltic), con sede a Rostock, in Germania, ne coordina le attività nella regione baltica.

Sebbene il focus principale della missione siano le acque di superficie e sottomarine del Baltico, Baltic Sentry è in effetti una operazione multidominio, che comprende anche le dimensioni terrestre, aeronautica, spaziale e cyberspaziale, attraverso l'utilizzo di navi, droni, satelliti, aeromobili oltre a tecnologie avanzate per il monitoraggio delle infrastrutture sottomarine.

Focalizzata sul Baltico, la missione coinvolge risorse aeronavali variabili degli otto paesi rivieraschi NATO (Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia), ma anche di altri membri dell'Alleanza che hanno avuto occasione di prendervi parte in questi mesi con propri assetti specializzati (Francia, Paesi Bassi, UK e USA). Particolarmente importante l'apporto svedese, composto da tre navi ed un aereo pattuglia.

Basicamente le unità navali partecipanti a Baltic Sentry provengono dalle risorse nazionali degli stati rivieraschi nonché a rotazione da due principali gruppi navali NATO permanenti, vale a dire:

▪️Standing NATO Maritime Group 1 (SNMG-1). Forza di risposta rapida d'altura con sede a Northwood e giurisdizione sopra il Nord Atlantico ed il Mare del Nord. Include la fregata olandese Tromp, distaccata nel Baltico, ovvero altre navi per missioni a rotazione.

▪️Standing NATO Mine Countermeasures Group 1 (SNMCMG-1). Forza di risposta rapida per contromisure di mine, con giurisdizione sopra il Nord Atlantico ed il Mare del Nord. Include il cacciamine tedesco Datteln e la nave idrografica olandese Luymes, specializzate in guerra sottomarina e sorveglianza del fondale marino, ambedue attualmente distaccate nel Baltico.

Complessivamente Baltic Sentry dispone di una decina di assetti navali variabili, che operano in sinergia con il NMCSCUI o NATO Maritime Centre for Security of Critical Underwater Infrastructure di Northwood, UK, vale a dire una entità NATO istituita nel maggio 2024 allo scopo di monitorare e mappare anche in collaborazione con il settore privato, le migliaia di km di infrastrutture strategiche sottomarine raccogliendo dati e contrastando ogni possibile forma di sabotaggio ed aggressione, comprese le minacce ibride. Rientrano in questo ambito le manovre non ortodosse di navigazione, come il trascinamento di ancore sul fondale oppure la sosta prolungata in prossimità di cavi IT o altro, come nel caso del cargo cinese Yi Peng 3, trattenuta per oltre un mese dalle autorità danesi per sospetto danneggiamento intenzionale di cavi sottomarini nel Baltico il 17 e 18/11/24.

La protezione delle infrastrutture sottomarine è infatti la missione principale di Baltic Sentry: si pensi all'importanza dei cavi elettrici dei gasdotti ed oleodotti e delle piattaforme eoliche offshore, per non parlare della parte baltica degli oltre 1,3 milioni di chilometri di cavi sottomarini, che su scala globale trasportano il 95% del traffico internet e supportano transazioni finanziarie per circa 10 trilioni di dollari al giorno. 

Oltre a ciò Baltic Sentry contribuisce a contrastare la Flotta Ombra russa, tracciando rotte, effettuando ispezioni ed eventualmente ponendo sotto sequestro le navi sospettate di violazione delle sanzioni, come nel caso della petroliera Eagle S. di cui avevo parlato qui.

Oramai in corso da oltre sei mesi, Baltic Sentry rappresenta uno sviluppo positivo della postura NATO sulla questione sicurezza delle acque baltiche, sia in termini di assertività che di reattività: infatti, dopo i diversi incidenti avvenuti nel novembre/dicembre 2024 non sono stati più rilevati danneggiamenti alle infrastrutture subacquee da dopo l'attivazione di Baltic Sentry: il che lascia intuire una efficacia della missione in termini di deterrenza.

Tuttavia, la ridotta disponibilità di naviglio assegnato alla missione, la vastità dell'area e la complessità del lavoro rappresentano altrettanti limiti, ai quali va aggiunto il fatto di dover dipendere per una parte degli assetti, da comandi NATO fuori-area già oberati di impegni: ragione per la quale sarebbe opportuno pensare all'attivazione di un nuovo gruppo navale SNMG-3 competente sul Baltico, così da lasciare i gruppi SNMG-1 ed SNMG-2 liberi di concentrarsi su Nord Atlantico e Mediterraneo rispettivamente. Prospettive di certo impegnative, a fronte però di una posta in gioco di altissimo valore.


5. Baltic Defence Line. Dal primo miglio

Per decenni sono state considerate un retaggio obsoleto del passato, una reliquia di un modo di concepire la guerra irrimediabilmente superato dalla potenza e precisione dei mezzi moderni e dalle dottrine tattiche di impiego dei medesimi, pienamente integrati gli uni nelle altre entro una sfera multidominio tale da garantire ai comandi una completa situational awareness in tempo pressoché reale nella gestione del campo di battaglia. 

L'esperienza della guerra in Ucraina ha tuttavia dimostrato come le fortificazioni campali siano tornate ad essere un elemento chiave della strategia difensiva ucraina (ed anche di quella russa nell'estate 2023) in particolare quando integrate in un sistema tattico completo comprendente artiglieria, droni, sensori, radar, difese passive, contro-mobilità e difesa antiaerea: il tutto coordinato da un efficace sistema C5 di comando e controllo.

Quindi non più solo avamposti frangiflutti, bunker e linee di trincee facilmente saturabili da un nemico in possesso di risorse numeriche superiori, nonché aggirabili con la manovra aggressiva, ma un sistema integrato capace di frapporre ostacoli crescenti e coordinati alle percussioni dell'avversario fino a costringerlo a perdere il momentum già dal primo miglio della linea di partenza o poco oltre. In altre parole, l'idea di base è quella di ridurre al minimo le possibilità di manovra del nemico canalizzandolo e quindi colpendolo entro apposite killing zones: che tradotto significa modellare il campo di battaglia a vantaggio del difensore, evitando che sia l'attaccante a scegliere il dove e come colpire secondo il principio del "rallentare", "reindirizzare, "esporre". Non quindi un semplice ritorno all'antico come una vecchia e statica Maginot, ma un rinnovamento dell'antico in base ai canoni iperdinamici della guerra moderna.


È il principio che pare essere stato adottato da paesi baltici e Polonia nell'edificazione della cosiddetta Baltic Defence Line (BDL), vale a dire una linea difensiva a ridosso del confine russo estesa da Narva a Brest-Litovsk, che ciascuno dei quattro paesi ha intrapreso lungo il proprio confine orientale con l'intento poi dare continuità ai singoli spezzoni nazionali. Non pare un caso, quindi, che quegli stessi paesi siano usciti dal Trattato di Ottawa sulle mine antiuomo che presumibilmente diventeranno parte della linea difensiva.

Il progetto di dare vita ad una linea difensiva baltica, da Narva a Suwalki venne annunciato il 19 gennaio 2024 dopo un summit tra i ministri della difesa dei tre paesi baltici, con inizio lavori previsto per maggio 2024 in Lettonia, fine estate 2024 Lituania e giugno 2025 in Estonia, con uno sviluppo di quasi 1.000 km e 600 bunker, da raccordarsi poi con l'analoga iniziativa avviata nel maggio 2024 dalla Polonia lungo il confine con la Bielorussia: il tutto per uno sviluppo complessivo di quasi 1.400 km.

L'annuncio dell'edificazione della linea difensiva arriva in coerenza con la decisione NATO, annunciata nel 2022 ma fattivamente implementata nel 2024, di espansione a brigata dei battaglione EFP baltici, a conferma dell'urgenza e delle preoccupazioni dell'Alleanza relativamente al proprio fianco nord-orientale. Da sottolineare poi come i tre paesi baltici stiano lavorando per ridurre altre due potenziali vulnerabilità: 

▪️la prima è la disconnessione dalla rete elettrica russa e la conseguente integrazione con quella europea avvenuta l'8 febbraio 2025, che elimina i possibili ricatti energetici russi e relativi blackout che Mosca avrebbe certamente provocato in caso di conflitto.

▪️La seconda e il progressivo abbandono, sulla rete ferroviaria, dello scartamento largo russo in favore di quello ridotto europeo, che si prevede venga completato nel 2030. Un'opera di ingegneria civile denominata Rail Baltica, ma che avrà ricadute anche sulla mobilità militare, in quanto faciliterà da un lato i collegamenti con gli altri paesi NATO/UE e dall'altro renderà difficoltosi quelli diretti con Russia e Bielorussia, compreso l'utilizzo delle ferrovie durante una invasione, tra cui l'importante tratta Minsk-Riga.


▪️ESTONIA

Orograficamente l'Estonia è avvantaggiata dal possedere un confine con la Russia segnato dai laghi Peipus e Pikhva e dal fiume Narva, ovvero ostacoli naturali che complicano i piani di un invasore: in pratica sono considerati vulnerabili 210 km dei circa 270 km di confine comune. Pertanto in Estonia i lavori appaiono concentrati nell'angolo sud-orientale della paese, a sud del Peipus, con lo scavo dei primi tratti di fossato anticarro, cui seguiranno bunker, depositi ed infrastrutture, oltre ad una nuova base militare a Narva: città considerata un altro degli obiettivi prioritari di una eventuale invasione russa. Le strutture fisse è previsto vengano poi implementate da quelle posizionabili alle prime avvisaglie di un conflitto, quali campi minati, denti di drago ed altri ostacoli alla mobilità, il cui posizionamento è la parte secretata dell'intero progetto. La difesa del confine, già dal primo miglio, è pensata per essere supportata da adeguato apporto di fuoco indiretto: rientra in quest'ottica l'acquisizione da parte dell'esercito estone di sistemi Himars dagli USA.

Non direttamente parte della BDL, ma comunque collegato al rafforzamento dei confini nazionali, è il progetto della Guardia di Frontiera estone di affidare a droni armati navali il pattugliamento del fiume Narva e delle acque del Peipus: un progetto start-up a doppia valenza civile e militare, anche di risposta all'aumentata attività ed aggressività della Guardia di Frontiera FSB russa sulle sponde opposte delle medesime acque.


▪️LETTONIA

 La Lettonia condivide un confine di 387 km con Russia e Bielorussia, segnato dai numerose strade che facilitano il traffico transfrontaliero, senza caratteristiche orografiche degne di nota in grado di rallentare una eventuale invasione. Perdipiù, l'area della BDL sorge in una regione, la Letgallia, a diffusa presenza etnica russa, che Mosca potrebbe strumentalmente utilizzare in operazioni di guerra ibrida, comprese cause legali collegate all'esproprio e risarcimento dei terreni su cui dovranno sorgere le fortificazioni, funzionali al rallentamento del progetto.

Nel progetto BDL Riga intende investire oltre 300m USD in cinque anni, da utilizzarsi in lavori di anti-mobilità, stoccaggio di materiali, realizzazione di fortificazioni, rafforzamento della Guardia di Frontiera ed acquisizione di mezzi. A ciò si aggiungono regolari esercitazioni di prontezza operativa tra cui, particolarmente importante, la Namejs 2024 che ha coinvolto forze NATO, la difesa civile nazionale e l'intero complesso militare e paramilitare lettone, con focus su mobilitazione, infrastrutture ed operazioni di anti-mobilità ai confini con Russia e Bielorussia.



▪️LITUANIA

La Lituania si trova in una posizione simile alla Lettonia, salvo un'area di confine quasi due volte e mezzo più grande da proteggere, attraversata da ferrovie e strade e con la propria capitale, Vilnius, posta a soli 40 km dal confine bielorusso, quindi a tiro dei più moderni sistemi russi d'artiglieria. Non è dunque un caso che nel 2024 il governo di Vilnius abbia approvato un programma di difesa civile del costo di quasi 300m USD, comprendente un sistema di allarme precoce e la costruzione di nuovi rifugi per la popolazione civile.

Sotto questo punto di vista il governo lituano sembra avere preso sul serio le volgari minacce di Medvedev secondo cui "la Lituania è un paese che non esiste". Infatti, secondo dichiarazioni recenti la Lituania avrebbe intenzione di investire nel comparto difesa il 5-6% del PIL entro il 2030, di cui 1,1mld € riservati al progetto BDL, comprendenti l'accumulo di scorte di mine e sistemi anticarro, scavo di trincee anticarro, approfondimento dei canali di irrigazione a guisa di ostacoli alla mobilità, riforestazione delle aree di confine, minamento di ponti, strade  e tratti di confine con ordigni intelligenti, guerra elettronica, sorveglianza e sistemi anti-drone, nonché integrazione di tratti paludosi nel sistema anti-mobilità.

Tale progetto sarà costituto da un parte strutturale ed una parte implementare: la prima formata dalle installazioni e manufatti predisposti fin da subito, come trincee, bunker, scavi ed allestimenti di lunga durata, mentre la seconda costituita da ostacoli rimovibili, come cavalli di Frisia, denti di drago, mine ed altre istruzioni che verranno invece accantonati in 27 magazzini situati in prossimità dei punti di allestimento, pronti ad essere posizionati nell'imminenza del conflitto




6. East Shield, prolungamento polacco

Il progetto BDL è stato pensato fin dall'inizio per essere integrato nello East Shield polacco, vale a dire la linea difensiva che entro i prossimi anni coprirà l'intero confine polacco-bielorusso per una lunghezza di oltre 300 km, creando così una teoria ininterrotta di fortificazioni tra Brest e Narva, che a sua volta avrà in Finlandia il suo prolungamento almeno concettuale.
Annunciato dal governo polacco il 18/5/24, poche settimane dopo BDL ed avviato nel novembre successivo, East Shield ha lo scopo di creare una barriere continua di ostacoli fissi e mobili, del valore di 2,5mld USD in quattro anni, compresa una barriera elettronica formata da sensori, apparati radar, dispositivi anti-drone e siatemi EW, ELINT, IMINT e SIGINT interconnessi tra loro, con i satelliti e con gli F-35. Il tutto supportato da campi minati, barriere fisiche, bunker, rifugi, scavi, trincee anticarro, depositi, logistica migliorata ed ostacoli posizionabili a necessità, integrati dagli impedimenti naturali del terreno, quali paludi, canali e foreste.
L'uscita della Polonia dal Trattato di Ottawa è quindi funzionale a questo progetto.
East Shield, che dovrebbe essere completato entro il 2028, non è però solo Bielorussia: il progetto polacco prevede anche la copertura dell'intero tratto di confine con l'oblast di Kaliningrad, da Suwalki al Baltico lungo circa 205 km.


Un tratto della Tarcza Wschodnia o East Shield, in costruzione nel settore di Tolcze. Fonte: X.com/Straz_Graniczna


Un aspetto interessante dello East Shield polacco è che verrà esteso anche a sud del confine bielorusso, fino a comprendere l'intera frontiera con l'Ucraina, come dichiarato a suo tempo dall'ex-PM polacco Donald Tusk: il che apre alcuni interrogativi politico-strategici su questa scelta, che raddoppia la lunghezza del confine da proteggere amplificandone proporzionalmente i costi.

Partiamo da una certezza: non vi sono specifiche informazioni aperte sul perché il progetto East Shield sia stato esteso anche al confine ucraino; tuttavia esistono indicazioni generali sulle ragioni che potrebbero avere indotto il governo polacco a compiere questa scelta:

▪️contesto di sicurezza generale
La Polonia, come Stato membro della NATO e della UE considera i suoi confini orientali, inclusi quelli con l'Ucraina, strategicamente vulnerabili a causa della guerra in corso e delle tensioni con Russia e Bielorussia. L'estensione delle fortificazioni al confine ucraino potrebbe essere una misura preventiva per proteggersi da potenziali spillover del conflitto: come sconfinamenti accidentali di missili o droni, simili a quelli accaduti in passato (ad esempio, l'incidente di Przewodów nel 2022). 

▪️Minacce ibride e flussi migratori
La Polonia ha affrontato sfide significative al confine con la Bielorussia, come l'uso di migranti quale strumento di pressione politica da parte del regime bielorusso. Sebbene più improbabile al confine ucraino, il rischio di flussi migratori incontrollati o di attività illegali potrebbe aver spinto Varsavia a includere il confine ucraino nel programma. Alcuni episodi, come le proteste degli agricoltori polacchi nel 2024 contro l'importazione di prodotti agricoli ucraini a basso costo, hanno evidenziato tensioni al confine, probabilmente manipolate da attori ibridi interessati ad aizzare tensioni ucraino-polacche.
Oltre a ciò la scelta di estendere la barriera al confine ucraino può essere stata influenzata dall'opportunità di utilizzare le tecnologie avanzate EW, ELINT, IMINT e SIGINT integrate nella East Shield al fine di monitorare attività sospette o minacce non convenzionali quali droni o operazioni ostili di intelligence, in un'area di confine sensibile: si pensi ad esempio alla vicinanza di Rzeszòw, che dal febbraio 2022 svolge il ruolo di hub logistico per la consegna di armi e materiali all'Ucraina.
In sostanza l'aumento di attività ostili ibride registrato da Varsavia potrebbe avere influito sulla necessità di blindare l'intera frontiera orientale e non solo una parte.

▪️Ruolo strategico della Polonia
La Polonia è uno dei principali sostenitori dell'Ucraina nella guerra contro la Russia. Tuttavia, il rafforzamento del confine ucraino potrebbe riflettere una strategia di "sicurezza proattiva" per prevenire eventuali minacce derivanti da possibili sviluppi del conflitto. In altre parole Varsavia potrebbe nutrire preoccupazioni per la stabilità a lungo termine dell'Ucraina, soprattutto in caso di un'escalation o di un cambiamento nella dinamica del conflitto.
Inoltre, la Polonia si considera (ed in effetti è) il baluardo orientale della NATO e dell'UE, e fortificare il confine ucraino, rafforzando l'intero fianco orientale dell'Alleanza, potrebbe essere un modo per ribadire questo ruolo in un momento di acuta crisi.

Oltre a ciò l'estensione di East Shield al confine ucraino-polacco potrebbe essere interpretata come un'azione volta a smentire le illazioni, veicolate dalla propaganda russa, circa presunte ambizioni polacche sui territori dell'Ucraina occidentale. In tal senso la decisione di includere il confine ucraino nel programma East Shield potrebbe essere un modo da parte di Varsavia, per contrastare tali illazioni:

▪️Segnale geopolitico
Fortificare il confine con l'Ucraina, insieme a quelli con Russia e Bielorussia, sottolinea come l'obiettivo della Polonia sia esclusivamente difensivo. East Shield è progettato per prevenire minacce esterne e non per preparare un'occupazione territoriale, dove sarebbe anzi d'ostacolo. Questo approccio è quindi leggibile come un modo per dimostrare che la Polonia considera l'Ucraina un partner sovrano, non un territorio da annettere.

▪️Riaffermazione della sovranità ucraina
Rafforzando la frontiera la Polonia riconosce implicitamente l'integrità territoriale dell'Ucraina, trattando il confine come una linea di demarcazione chiara e riconosciuta. Ciò contrasta con la narrativa russa sulle presunte mire espansionistiche polacche e dimostra invece un impegno di Varsavia a proteggere i propri interessi nazionali senza interferire nella sovranità ucraina.

▪️Risposta alla propaganda russa
La Russia utilizzata la narrativa delle "ambizioni polacche" per alimentare divisioni tra Polonia e Ucraina. Fortificando il confine, la Polonia dimostra di non avere alcuna agenda espansionistica ma unicamente l'interesse verso la sicurezza regionale minacciata dall'aggressività russa.
Tutto ciò è coerente con le dichiarazioni di Tusk, che ha descritto East Shield come un "investimento per la pace" nonché una misura per scoraggiare aggressori, non per avanzare pretese territoriali.

▪️Gestione delle tensioni interne
In Polonia, alcune frange politiche o sociali alimentano malumori su un eccessivo filoucrainismo della leadership polacca a dispetto degli interessi nazionali.
Fortificare il confine potrebbe servire a placare questi malumori, dimostrando che la priorità dell'esecutivo rimane la sicurezza della Polonia anche in virtù dei notevoli costi necessari alla realizzazione di East Shield.


7. Conclusioni

L'invasione russa dell'Ucraina ha messo in moto una catena di eventi che sembra stiano finalmente cambiando la postura geopolitica della NATO nonché dei singoli paesi all'interno dell'Alleanza, sebbene con sensibilità e tempistiche diverse. Dopo decenni di totale disinteresse alla sicurezza collettiva in Europa, onda lunga dei nefasti "dividendi della Pace" degli anni '90 del secolo scorso, le priorità di molti paesi sembrano ora indirizzate al ripristino delle proprie capacità difensive: che in molti settori appaiono drammaticamente insufficienti e lacunose, soprattutto se parametrate al tasso di usura della guerra in Ucraina, oramai divenuta il paradigma attorno al quale elaborare gli scenari di domani.

Alla luce dei programmi di rafforzamento militare di cui abbiamo parlato in questo articolo e nel precedente, degli investimenti nazionali nel settore difesa e del piano di riarmo europeo ReArm Europe possiamo quindi trarre alcune conclusioni:

▪️Rafforzamento della deterrenza attiva
L'allarme suscitato dall'invasione russa dell'Ucraina, dalle attività ibride nel Baltico ed in altre parti d'Europa e le continue minacce di Mosca contro l'Occidente hanno finalmente convinto la NATO a procedere al rafforzamento del suo fianco nord-orientale dopo anni di false illusioni. In tal senso i programmi di riarmo mirano a trasformare la postura della NATO da una deterrenza per punizione, (basata sul principio passivo della dura ritorsione all'aggressione), ad una deterrenza per negazione: ovvero soffocare attivamente sul nascere un'aggressione attraverso un mix di difesa preventiva e predisposta, reattività, capacità, forze solide e numericamente significativa. In sintesi, prevenire invece che punire.
Questo si riflette nell’espansione dei battaglioni eFP a livello di brigata e nell’aumento delle capacità di risposta rapida con forze massive e non più con elementi leggeri ridotti utilizzabili solo come filo d'inciampo, come dimostrato nell’esercitazione Steadfast Defender 2024 che ha coinvolto ben 90.000 militari NATO.

Tale scenario viene perseguito dai paesi baltici e scandinavi e dalla Polonia, recentemente emersa come leader regionale in ragione di una spesa militare record del 4,7% del PIL nel 2025, proporzionalmente superiore a quella degli USA (3,7%). Gli acquisti di armamenti avanzati, dagli MBT Black Panther agli F-35 ai Patriot e l'espansione dell'esercito ad oltre 300.000 uomini sottolineano non solo il recepimento dell'esperienza ucraina, ma anche l'intenzione di Varsavia di creare la forza armata più grande d'Europa.
Gli stessi paesi baltici, nei loro numeri decisamente più ridotti, hanno imboccato la strada del rafforzamento, con acquisti di mezzi, aumento della spesa militare ed irrigidimento delle opzioni difensive fin dal primo miglio.
Tutto questo implica non solo la scelta di difendere ogni centimetro del proprio territorio ma anche un modo per ridurre la dipendenza dai rinforzi americani.
 
▪️ Risposta alle minacce ibride e protezione delle infrastrutture
Le operazioni Baltic Sentry e Baltic Air Policing rispondono a minacce ibride nelle acque e nei cieli del Baltico, in primis il danneggiamento di cavi sottomarini. Ciò ha portato ad una buona integrazione tra gli assetti navali ed aerei di una dozzina di paesi NATO in un ambiente peculiare come quello Baltico, ben diverso da quello oceanico e mediterraneo, nonché interessato da pesanti interferenze russe sia fisiche (intrusioni entro spazi altrui) sia elettroniche (jamming), in particolare alla rete civile GPS.
Tali esperienze, condivise da centinaia di equipaggi aeronavali NATO sono un aspetto dei programmi di modernizzazione avviati dalle marine militari polacca, tedesca e danese, che con l'importante apporto di quella svedese avranno come obiettivo, in caso di conflitto, la neutralizzazione della bolla A2/AD di Kaliningrad.
Anche in ambito aeronavale dunque ci avviamo verso una completa integrazione multidimensionale degli assetti operativi ad ogni livello.

▪️ Integrazione di Svezia e Finlandia nella NATO 
L'ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia è stato un clamoroso errore geopolitico  compiuto da Putin, costato alla Russia la marginalità strategica nel Baltico, che sommata a quella inflitta manu militari dall'Ucraina nel Mar Nero, ha inferto una cocente umiliazione alla Marina di Mosca. Così, mentre il fronte terrestre nel settore finno-baltico presenta vulnerabilità entro un contesto di potenziale inferiorità della NATO, quello marittimo si propone a parti invertite, con la flotta russa del baltico costretta a fare affidamento sulla sola bolla di Kaliningrad ma non più in grado di proiettare significativa potenza aldilà del proprio margine difensivo: un limite reso ancora più evidente dal possesso svedese dell'isola di Götland, che concede alla NATO il controllo della parte centrale della scacchiera del Baltico, contribuendo a  ridimensionare il ruolo di Kaliningrad.
È significativo poi il fatto che  Finlandia e Svezia partecipino ad operazioni regionali come Baltic Sentry e Baltic Air Policing, nonché ad esercitazioni NATO come Baltops 2024 (di cui ho parlato qui), che coinvolge anche lo spazio terrestre dei paesi baltici.
A tale proposito l'adesione della Finlandia se da un lato aggiunge 1.340 km di frontiera con la Russia da presidiare, dall'altro lato migliora i collegamenti con i paesi baltici ed in particolare l'Estonia, sia pure attraverso il Golfo di Finlandia, rendendo leggermente meno assillante il problema della vulnerabilità del Suwalki Gap.
In questo scenario non va poi dimenticata la cooperazione polacco-tedesca concretizzatasi nel German-Polish Action Plan del luglio 2024, che si ripropone di intensificare la cooperazione militare tra i due paesi, con un primo risultato già ottenuto in ottobre, attraverso l'apertura di un nuovo centro di Comando e Controllo navale C2 a Rostock.

Non solo NATO. Svezia e Finlandia hanno aderito anche alla Joint Expeditionary Force, una iniziativa a guida britannica che riunisce 10 paesi del nord-Europa in un partenariato militare di risposta rapida alle crisi, con sede a Northwood e disponibilità di reparti ad alta prontezza per circa 10.000 uomini. JEF può agire in ambito, NATO, UE oppure ONU e per certi versi potrebbe configurarsi come un precursore di un futuro esercito europeo. Nel gennaio 2025 la componente navale di JEF è stata schierata nel Baltico come Operazione Nordic Warden, mentre è tradizione consolidata la sua partecipazione alle esercitazioni NATO Baltops, l'ultima delle quali (BALTOPS 25) si è tenuta dal 3 al 20 giugno 2025.

Logo dell'esercitazione Baltops 25 tenutasi nel giugno 2025




I dieci paesi membri della JEF la cui componente navale JEF-M ha recentemente operato nel Baltico come Operazione Nordic Warden



▪️ Investimenti nella difesa EuroNATO
Abbiamo già accennato agli imponenti programmi di riarmo avviati dalla Polonia, che nel 2025 toccheranno il 4,7% del PIL Non si tratta di un caso isolato in quanto anche i paesi baltici si stanno muovendo lungo la stessa strada, programmando un aumento delle spese per la Difesa: Estonia al 5% del PIL dal 2026, Lettonia al 4-5% del PIL entro il 2026, Lituania 5-6% del PIL entro il 2030, Finlandia oltre il 4% entro il 2035.
Tali aumenti percentuali, che consentirebbero a questi paesi di rispettare la road map indicata al vertice NATO dell'Aia del giugno 2025 ovvero spese Difesa al 5% del PIL entro il 2035, garantirebbero il buon fine del programma UE ReArm Europe annunciato il 4 marzo 2025, che prevede la spesa di 800 miliardi di euro nel settore difesa da parte dei paesi UE entro il 2030.

Questo aumento di spesa, ammesso che sopravviva alle turbolenze politiche e di bilancio che prevedibilmente colpiranno gli stati UE nei prossimi anni, riflette una doppia consapevolezza: da un lato l'abbandono, dopo due decenni, della sciagurata politica dell'appeasement con Mosca che di fatto ha creato la situazione attuale e dall'altro lato la necessità di una più ampia autonomia strategica europea rispetto agli USA, soprattutto alla luce dei chiari di luna trumpiani.
Se venisse effettivamente portata a termine ReArm Europe segnerebbe quindi un primo passo importante nell'emancipazione strategica europea, rafforzandone le capacità di risposta autonoma su scala continentale, magari attraverso strumenti già collaudati come la JRF, senza per questo rinnegare la NATO, che rimane indispensabile su scala globale.
Il riarmo ovviamente richiede equilibrio tra esigenze di sicurezza e sostenibilità economica a lungo termine e questo aspetto rischia di essere un deboosting alle buone intenzioni europee, soprattutto nei prossimi 2-3 anni, quando a guerra  in Ucraina verosimilmente conclusa, l'orso russo ripiegherà su sé stesso leccandosi le ferite e dando l'impressione di essere in letargo, ma in realtà in attesa di sferrare la prossima zampata.
A quel punto l'Europa non dovrà cadere nel tranello di Mosca bensì perseverare con le politiche ed i programmi di rafforzamento. L'Ucraina ci sta facendo guadagnare tempo prezioso pagandolo col sangue e sta all'Occidente metterlo a frutto, in vista dello scontro finale che avverrà verso la fine del presente decennio o comunque entro pochi anni dopo la fine della cosiddetta "operazione speciale".


lunedì 14 luglio 2025

La difesa degli stati baltici (1). La situazione attuale

Parte prima: il dispositivo difensivo terrestre 

Parte seconda qui



1. Il quadro generale

In un articolo precedente pubblicato su questo blog, chi scrive aveva paventato la possibilità di un azzardo russo contro il gap di Suwalki approfittando del fattore sorpresa, dell'acquisizione di una superiorità tattica locale delle forze russe su quelle NATO, nonché della vulnerabilità politica dell'Alleanza, facilmente trasformabile, sotto determinate condizioni, in vulnerabilità strategica.

La conclusione era stata interlocutoria in quanto legata alle molteplici variabili presenti nello scenario, in parte correlate a fattori non prevedibili razionalmente; nondimeno l'autore dell'articolo ravvisava concrete possibilità che l'azzardo russo potesse andare a buon fine per ragioni legate sia ad una potenziale fragilità politica della NATO, sia per le difficoltà di proteggere adeguatamente un territorio privo di profondità strategica e vulnerabile nei collegamenti con il resto del territorio NATO per via del Golfo di Finlandia a nord e del gap di Suwalki a sud.

Ma quali sono esattamente le forze NATO schierate nei paesi baltici, che potrebbero frapporsi ad una invasione russa fin dai primissimi minuti, tentando di rallentarla in attesa dei rinforzi dall'Europa, via Baltico, Polonia e Finlandia?

Partiamo da un presupposto imprescindibile, peraltro utile a sfatare decenni di propaganda russa, vale a dire il fatto che, in base agli accordi NATO-Russia del 1997 compresi nel Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security, è vietato alla NATO il dispiegamento di truppe e mezzi su base permanente nei territori dei tre paesi baltici: divieto che finora non solo ha impedito il massiccio presidio della regione da parte dell'Alleanza, ma ha anche sterilizzato l'elaborazione di una vera e propria dottrina difensiva che non fosse quella basata sulla mera deterrenza strategica indotta dall'Articolo 5.

Ancora una volta dunque, l'ossessione di Mosca per un accerchiamento NATO che non esiste viene smentito dai fatti: tra cui quello che ci conferma come solo dal 2016, ossia ben due anni dopo la proditoria aggressione russa all'Ucraina, abbia avuto inizio una limitata presenza militare NATO nei paesi baltici, sotto forma di missione EFP (Enhanced Forward Presence), tuttavia assai ridotta nella forza, in modo da non rappresentare alcuna minaccia per Mosca, nonché strutturata a rotazione semestrale, in modo da non violare le clausole del trattato 1997.

È dunque solo con la missione EFP 2016 che la NATO pianta fisicamente bandiera nel Baltico in risposta ai fatti di Crimea e del Donbas, con una forza largamente simbolica di tre battaglioni multinazionali, di un certo valore politico in termini di deterrenza, ma difficilmente in grado di influire significativamente sul piano militare: anche perché nel frattempo la Russia ha provveduto a militarizzare senza soggiacere ad alcun limite, sia l'enclave di Kaliningrad sia il proprio confine occidentale tra il Golfo di Finlandia ed il gap di Suwalki.

Tale gap operativo è stato reso ancora più evidente dall'invasione russa dell'Ucraina, che ha infine convinto l'Alleanza Atlantica ad adottare misure difensive d'emergenza: nel Summit NATO Madrid 2022 è stato infatti deciso di ampliare a livello di brigata ciascuno dei tre battaglioni multinazionali EFP dispiegati nei paesi baltici, oltre a quello basato in Polonia. Per ciascuno di tali battaglioni è stata tracciata una diversa road-map espansiva, che attualmente li vede in differenti stadi di crescita, con obiettivo finale di disporre tre brigate multinazionali baltiche operative entro il 2027.




2. Scudo Baltico

Vediamo quindi quali sono le risorse di cui la NATO dispone nei paesi baltici, immediatamente utilizzabili sulla base dell'Articolo 5, fatte salve eventuali remore politiche di cui abbiamo parlato qui.


🔹ESTONIA

Il territorio estone è presidiato dal battaglione multinazionale NATO EFP-Estonia. Si tratta di una formazione meccanizzata a guida britannica, basata a Tapa, circa 60 km  SE di Tartu, composta essenzialmente da reparti provenienti dallo UK, quali i reggimenti Royal Welch di Cardiff e Mercian di Lichfield, integrato da un contingente francese di 300÷400 fanti di marina del 2 RIMa di Le Mans, da una compagnia leggera danese (100÷150 uomini) ed occasionalmente da piccoli apporti di altri paesi: il tutto per un totale di 1.700÷2.000 uomini a seconda delle rotazioni.

Pur nei suoi limiti il battaglione EFP-Estonia dispone di diversi assetti pesanti di supporto, che lo avvicinano ad una brigata multiarma in miniatura. Sono presenti ad esempio 12÷14 MBT britannici Challenger 2, da 20 a 30 IFV Warriors (due compagnie), 10-15 VBCI francesi, una batteria di obici britannici AS90 con 2÷4 pezzi), almeno una batteria di mortai pesanti francesi da 120mm, sistemi da AD Mistral, sistemi c/c Javelin e veicoli da ricognizione britannici Jackal e Foxhound.

Il battaglione multinazionale EFP-Estonia è integrato da una parte dell'esercito estone ed in particolare dalla 1a Brigata meccanizzata di Tapa, che contribuisce con circa un migliaio di uomini in servizio attivo sui circa 6.000 che formano l'intero esercito estone.

Queste forze rappresentano la prima linea di difesa contro una invasione, in attesa dell'afflusso dei rinforzi NATO, dei riservisti e mobilitati estoni e dei volontari territoriali della Kaitseliit (Lega di difesa estone).

Attualmente il battaglione EFP-Estonia si trova in fase di ampliamento a brigata, come da piano adottato al Summit NATO di Madrid del 2022. Relativamente all'Estonia, nell'ottobre 2024 il Regno Unito, che guida il battaglione multinazionale di Tapa, ha firmato una roadmap bilaterale con l'Estonia che prevede di approntare una brigata leggera entro il luglio 2025. Tale brigata non sarà tuttavia dispiegata permanentemente in Estonia ma sarà tenuta pronta ad intervenire in caso di necessità: una scelta che abbrevia i tempi di attivazione della brigata ma che vanifica in parte l'obiettivo del rafforzamento, ovvero aumentare le forze immediatamente disponibili fin dai primi minuti di crisi.

Una volta operativa la brigata verrà subordinata alla Multinational Division North (MDN), vale a dire un comando a livello divisionale basato ad Ādaži in Lettonia che controlla anche la nuova brigata EFP lettone. A sua volta la MDN dipende dal Multinational Corps Northeast di Stettino, il quale ha giurisdizione sui tre paesi baltici e la Polonia. 

Da parte estone è inoltre in fase di formazione a Luunja una 2a brigata fanteria a ranghi ridotti, predisposta per essere completata con reparti di riserva integrati da ulteriori unità NATO di previsto afflusso in Estonia in caso di invasione. Ambedue le brigate (1a meccanizzata  di Tapa e 2a fanteria di Luunja) verranno controllate da un comando divisionale.

Un contributo a parte, nella difesa dell'Estonia, è previsto sia fornito anche dagli USA in base ad accordi bilaterali extra-NATO. Secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti nel settembre 2023 dall'ex-ambasciatore statunitense in Estonia, George P. Kent, vi erano nel paese circa 600 militari americani, distribuiti nelle basi estoni di Tapa, Võru e Ämari: un valore che può rappresentare un massimo stanziale soggetto ad oscillazioni legate ad esercitazioni o altre necessità temporanee. Ad esempio, durante la DEFENDER-EUROPE 2021 erano stati fatti affluire in Estonia oltre 1.000 parà della 82nd Airborne Division, mentre nel 2023 era subentrata una compagnia della 101st Airborne oltre ad una compagnia corazzata con Abrams della 2nd Armoured Brigade CT.

Più o meno stanziale risulta poi la presenza di un battaglione di artiglieria equipaggiato con Himars, tra cui il 3/27 Field Artillerie Regiment, che si addestra regolarmente con il battaglione multinazionale NATO EFP-Estonia, pur non facendone formalmente parte.

Le probabili linee d'avanzata russe in Estonia: a N quella su Narva e quindi Tallinn; a S in direzione Tartu e quindi Pärnu



🔹LETTONIA
Il territorio lettone è presidiato dal battaglione multinazionale NATO EFP-Lettonia. Si tratta di una formazione meccanizzata a guida canadese, basata ad Ādaži, nei pressi di Riga, composta essenzialmente da reparti provenienti dal Canada, tra cui il Princess Patricia’s Canadian Light Infantry Regiment di Edmonton, integrato da un contingente italiano di 200÷250 uomini della Brigata Ariete di Pordenone o del 1° Reggimento bersaglieri di Cosenza, da una unità meccanizzata spagnola con circa 300 uomini e da piccoli distaccamenti a rotazione di sloveni, albanesi, cechi montenegrini e slovacchi, ciascuno con circa 50÷150 uomini ciascuno: il tutto per un totale di 1.800÷2.000 uomini a seconda delle rotazioniAnche il battaglione EFP-Lettonia dispone di diversi assetti pesanti di supporto. Sono infatti presenti 10÷14 MBT Leopard 2A6 canadesi, da 20 a 30 IFV canadesi LAV 6 (due compagnie), 10-12 VCI Freccia italiani, una batteria di obici trainati M777 canadesi con 4÷6 pezzi), almeno una batteria di mortai pesanti italiani da 120mm, sistemi AD NASAMS, sistemi c/c Spike e veicoli da ricognizione spagnoli Teruel 3,  VM90 italiani e G-Wagen canadesi.Attualmente il battaglione  EFP-Lettonia si trova in fase di ampliamento a brigata, come da piano adottato al Summit NATO di Madrid del 2022. La Lettonia in particolare, è stato il primo dei tre paesi baltici ad implementare le decisioni di Madrid a partire dal luglio 2024 con la trasformazione del battaglione nella NATO Multinational Brigade Latvia (MBL) da ottenersi mediante il rafforzamento a 2.200 uomini, del contingente canadese  ed ulteriori apporti da parte di Stati Uniti, Danimarca, Svezia, Spagna, Polonia e altri, fino ad un totale previsto di 3.500 uomini, da completarsi entro il 2026.A sua volta la NATO-MBL dipende da un comando divisionale, vale a dire la Multinational Division North (MDN) con comando suddiviso tra Ādaži e Slagelse, in Danimarca: costituita nel marzo 2019, la MDN è divenuta pienamente operativa il 7/7/2023 ed è subordinata al Multinational Corps Northeast di Stettino.Il battaglione multinazionale EFP-Lettonia è integrato da una parte dell'esercito lettone ed in particolare dalla Brigata fanteria meccanizzata di Ādaži che contribuisce con circa 2.000÷3.000 uomini dei circa 5.000 che fanno parte delle forze terrestri lettoni. Da notare come il battaglione EFP-Lettonia sia basato anch'esso ad Ādaži a conferma della stretta cooperazione tra le due entità militari, che le vede impegnate ambedue in esercitazioni volte a migliorare l'interoperabilità, quali la Crystal Arrow, la Silver Arrow e la Namejs 24.Un contributo nella difesa dell'Estonia, è previsto venga fornito anche dagli USA sebbene non siano precisamente noti i termini dell'impegno americano relativamente all'espansione dell'EFP a brigata, valutato indicativamente tra i 100 ed i 500 uomini, verosimilmente dei ruoli di supporto e specializzati. Impegno NATO a parte Washington in più occasioni ha provveduto ad inviare in Lettonia reparti comunque limitati in risposta a necessità contingenti: come nel febbraio 2022, quando 300 parà della 173a Brigata di Vicenza furono rapidamente spostati ad Ādaži. Per parte sua il governo di Riga ha più volte richiesto una presenza permanente americana in Lettonia, senza tuttavia ottenere riscontro verosimilmente per ragioni politiche.

 🔹LITUANIAIl territorio lituano è presidiato dal battaglione multinazionale NATO EFP-Lituania. Si tratta di una formazione meccanizzata a guida tedesca con base a Rukla, presso Kaunas. Complessivamente il battaglione enumera una forza variabile tra i 1.200 ed i 1.600 uomini messi a disposizione, oltre che dalla Bundeswehr (una unità di Panzergrenadieren), anche da Olanda (200÷300 militari), Belgio, Norvegia e Croazia (circa 50÷150 uomini cad.).Come gli altri, anche il battaglione EFP-Lithuania dispone di diversi assetti pesanti di supporto. Sono infatti presenti 10÷14 MBT Leopard 2A7 tedeschi, da 15 a 20 a IFV tedeschi Marder integrati da 5÷10. CV90 norvegesi, una batteria di obici semoventi tedeschi PzH 2000 con 4÷6 pezzi), almeno una batteria di mortai pesanti olandesi da 120mm, sistemi da AD Patriot, sistemi c/c Javelin e Milan e veicoli da ricognizione tedeschi Dingo e olandesi Fennek.  Attualmente il battaglione EFP-Lithuania si trova in fase di ampliamento a brigata, come da piano adottato al Summit NATO di Madrid del 2022 e con l'obiettivo di raggiungere i 4.000÷5.000 uomini entro il 2027. L'espansione a brigata comprenderà, tra gli altri, un rafforzamento della componente corazzata oltre che della rete logistica di supporto.Una volta operativa la nuova brigata, come già attualmente il battaglione EFP-Lithuania, verrà subordinata alla NATO Multinational Division Northeast (MDN-E), vale a dire un comando divisionale con sede a Elbląg in Polonia, che controlla anche il battaglione EFP-Poland nonché la 15a Brigata meccanizzata polacca su cui ricade la difesa del Suwalki Gap. A sua volta, la MDN-E dipende dal NATO Multinational Corps Northeast di Stettino.Il battaglione multinazionale EFP-Lithuania è integrato da una parte dell'esercito lituano ed in particolare dalla Brigata fanteria meccanizzata Lupo di Ferro di Rukla, la quale contribuisce con una base di 2.000÷3.000 soldati professionisti ampliabile fino ad un massimo di 5.000 uomini con il richiamo dei riservisti. La Brigata Lupo di Ferro, che rappresenta l'élite dell'esercito lituano, è parte integrante delle forze NATO e dipende anch'essa dalla MDN-E, con costante partecipazione ad esercitazioni congiunte quali Iron Wolf, Saber Strike e Baltic Defender. Un contributo nella difesa della Lituania, è previsto venga fornito anche dagli USA, con ruolo minore di supporto all'interno del battaglione EFP-Lithuania. Gli USA infatti non mantengono una presenza stabile in Lituania ma svolgono attività di dispiegamento temporaneo, con rotazione semestrale. Tempi recenti hanno visto ad esempio la rotazione di reparti di battaglione (500÷800 uomini) della 1a Brigata corazzata della 3rd Infantry Division di Fort Stewart, nonché del 66° Reggimento carri della 1a Divisione fanteria di Fort Riley. Complessivamente, il picco di truppe americane schierate in Lituania si sarebbe avuto nel febbraio/marzo 2022 con circa un migliaio di militari inviati in reazione all'invasione russa dell'Ucraina.
Come Fulda e più di Fulda. Il gap di Suwalki rimane l'incubo strategico dei pianificatori NATO. La sua rescissione, con una manovra congiunta dalla Bielorussia e da Kaliningrad taglierebbe i collegamenti terrestri NATO con i paesi baltici. Non a caso la Polonia sta schierando massicce forze attorno all'oblast di Kaliningrad

🔹VALUTAZIONI STRATEGICO-OPERATIVE
Sintetizzando quanto sopra è ragionevole supporre che la prima linea di difesa immediata NATO dei paesi baltici in caso di improvvisa escalation seguita da una repentina invasione che impedisca il preposizionamento prudenziale di ulteriori truppe NATO sia la seguente:▪️Estonia: Battaglione EFP con 2.000 uomini rafforzati da 1.000 estoni della 1a Brigata meccanizzata e da qualche centinaio di militari USA. Il previsto ampliamento del battaglione a brigata potrebbe apportare altri 2.000 uomini circa, ma non prima di 48÷72h, con equipaggiamento leggero. Possibile l'afflusso di reparti leggeri finlandesi (un reparto Jäger) via-mare o via aerea entro 24÷48h. Totale 3.500 uomini nell'immediato, più altri 2.500 nel giro di 72h.▪️Lettonia: Battaglione EFP con 2.000 uomini rafforzati rapidamente da 2.000 regolari lettoni della Brigata meccanizzata e da poche centinaia di militari USA. Possibile l'afflusso di un migliaio di riservisti della Brigata entro 24÷48h. Entro il 2026 il previsto ampliamento a brigata del battaglione EFP dovrebbe apportare altri 1.500 uomini di pronto impiego. Totale (nel 2026), circa 6.000 uomini nell'immediato, più un altro migliaio entro 48h.▪️Lituania: Battaglione EFP con 1.600 uomini integrati rapidamente da 3.000 regolari lituani della Brigata Lupo di Ferro, oltre che da poche centinaia di americani. Almeno 2.000 riservisti lettoni potrebbero affluire entro 72h. Entro il 2027 il previsto ampliamento a brigata del battaglione EFP dovrebbe apportare altri 2.500 uomini di pronto impiego. Totale (nel 2027), 7.500 uomini nell'immediato più altri 2.000 entro 72h.▪️Polonia: ai tre battaglioni EFP schierati nei paesi baltici si aggiunge quello basato in Polonia, a guida americana. Con sede a Bemowo Piskie, nel nord-est della Polonia, circa 180 km a SO del Suwalki Gap, dispone di una forza di 1.000÷1.500 uomini e ne è prevista l'espansione a brigata con aumento della partecipazione americana fino ad un totale di 3.000 uomini. Il battaglione opera a stretto contatto con la 15a Brigata meccanizzata polacca cui spetta la difesa del gap di Suwalki. Sia il battaglione EFP-Poland che la 15a Brigata fanno parte della NATO Multinational Division Northeast di Elbląg (MDN-E), a sua volta controllata dal NATO Multinational Corps Northeast di Stettino. In linea di principio il gruppo di forze della MDN-E dovrebbe avere il supporto della potente 16a divisione meccanizzata polacca, anch'essa ad Elbląg ma con baricentro maggiormente orientato su Kaliningrad.Al netto di eventuali ulteriori rafforzamenti (quali ad esempio l'attivazione di un nuovo battaglione EFP a guida svedese a Rovaniemi nel Finnmark entro il 2026), nel 2027 la prima linea NATO nel Baltico sarebbe costituita, nella migliore delle ipotesi da tre brigate multinazionali EFP supportate da tre o quattro brigate baltiche per un totale di circa 17.000 uomini di pronto impiego a cui si aggiungerebbero rapidamente la brigata EFP-Poland e la 15a meccanizzata polacca che apporterebbero altri 5.000 uomini almeno, per la difesa diretta di Suwalki: vale a dire un complesso adeguatamente moderno e reattivo ma ancora insufficiente a bloccare una massiccia invasione russa, che abbia Suwalki come Schwerpunkt nonché due altre direttrici (per esempio Narva e la Letgallia lettone) come linee di spinta alternative/secondarie.
Lo schieramento NATO nei paesi baltici. I battaglioni EFP sono in fase di ampliamento a brigata con completamento previsto entro il 2027. Bordate in rosso, le nove+1 brigate controllate direttamente dal Corpo d'Armata Northeast


Secondo gli analisti infatti l'attuale dispositivo difensivo della NATO nel Baltico sarebbe in grado unicamente di funzionare da filo d'inciampo (tripwire) alle colonne russe, con l'intento di guadagnare tempo necessario a fare affluire rinforzi dall'Europa ed attivare l'Articolo 5.Ad esempio, un rapporto RAND del 2016, periodicamente aggiornato, considera adeguata una difesa dei paesi baltici che comprenda non meno di 7 brigate tattiche immediatamente disponibili (35.000÷50.000): di cui 3-4 pesanti (corazzate e meccanizzate) a contrasto diretto delle direttrici d'avanzata, 2-3 brigate leggere o meccanizzate per la sola difesa del corridoio di Suwalki ed una ulteriore brigata in riserva operativa flessibile. Analoghe le valutazioni di Fabian Hoffmann, che giudica necessarie almeno 8 brigate NATO pienamente equipaggiate posizionate però in assetto di difesa avanzata e non come semplice filo d'inciampo: vale a dire nelle condizioni di poter effettivamente bloccare un attacco russo già sulla linea di confine o in prossimità di essa invece di limitarsi a rallentarne l'avanzata. Ed è proprio questo, allo stato attuale, il principale gap strategico-operativo della NATO nel Baltico: non avere un dispositivo di forze sufficientemente strutturato e denso da dissuadere un azzardo russo nel punto più debole del proprio schieramento, bensì di contare tutt'ora, per imbrigliare la Russia, su una combinazione di variabili che potrebbero risultare obsolete vale a dire:▪️la possibilità operativa di fare affluire rinforzi dall'Europa entro le prime cruciali 72h, superando (militarmente e politicamente) la bolla difensiva russa di Kaliningrad.▪️fare affidamento sull'Articolo 5 della NATO, ovvero sulla risposta rapida e reattiva di tutti i membri della NATO ad un'attacco russo: cosa attualmente tutt'altro che scontata nonché politicamente devastante se non dovesse funzionare.▪️la disponibilità di risorse ed assetti USA in quantità quasi illimitate (si pensi ai soli vettori strategici da trasporto), che in caso di latitanza totale o parziale americana legata ai chiari di luna trumpiani, potrebbero inficiare gravemente le capacità di risposta  tattica e strategica della NATO.Osservati al contrario, ossia dal punto di vista del Cremlino proprio questi punti deboli potrebbero essere l'innesco dell'azzardo russo contro il Baltico, basato sul principio della correlazione delle forze di cui avevo parlato in questo pezzo uscito per il blog inOltre: un'operazione limitata e rapida, ma basata sulla cosiddetta "santuarizzazione aggressiva" dei guadagni ottenuti (ad esempio il corridoio di Suwalki) e la minaccia di ritorsioni insostenibili, fino ad una apocalisse (anche nucleare) in caso di reazione NATO: una scommessa, anzi un'azzardo pericoloso ma che potrebbe indurre alcuni paesi dell'Alleanza a defilarsi, con conseguenze politiche devastanti per l'intero sistema occidentale.Da qui la necessità di procedere rapidamente ad un massiccio rafforzamento del confine NATO orientale e dell'Alleanza in generale. Una maggiore assertività politico-militare renderebbe molto più difficile un'azzardo russo aggiungendo variabili negative alla correlazione delle forze e quindi togliendo dalle mani di Putin il suo jolly principale, vale a dire la convinzione di una debolezza politica della NATO tale da annullare la sua superiorità militare.Oltretutto, anche qualora Mosca dovesse tentare il tutto per tutto, una maggiore robustezza dello schieramento NATO, in grado di bloccare le truppe russe sul confine o poco oltre, impedirebbe a Mosca di rivendicare conquiste ed avanzare pretese, vanificando quindi la santuarizzazione aggressiva e la stessa politica di ricatto militare (nucleare).Dunque, un approntamento difensivo adeguato ed assertivo del confine NATO orientale, da Narva a Suwalki, avrebbe sia un valore dissuasivo, sia un valore reattivo qualora la dissuasione fallisse e si arrivasse allo scontro. Allo stesso tempo non sarebbe (né potrebbe essere) aggressivo verso Mosca ma al contrario si limiterebbe a togliere delle opzioni offensive al Cremlino a tutto vantaggio della stabilità.Si tratta in fondo di un concetto molto semplice ben compreso nelle capitali NATO dell'est ma non ancora introiettato in alcuni settori politici della vecchia Kerneuropa ancora legati a vecchi schemi mercantili pre-invasione quando non a vere e proprie connivenze politiche con il Cremlino. Qualcosa comunque comincia a muoversi come dimostrato da altri programmi NATO attualmente in corso nel Baltico di cui parleremo nella seconda parte di questo articolo.