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domenica 8 giugno 2025

La minaccia militare russa presente e futura. Uno scenario per domani



In un precedente articolo pubblicato sul blog inOltre avevo posto l’enfasi sui tempi di un possibile conflitto, ovvero sull’ipotesi che la Russia avviasse azioni militari contro l’Occidente prima ancora di essere definitivamente pronta in termini militari, bensì sfruttando finestre di vulnerabilità che i suoi analisti potranno individuare nello schieramento NATO durante i prossimi anni.

Passiamo ora ai modi, tenendo conto che quello di opportunità è lo scenario che forse ha le maggiori possibilità di realizzarsi in quanto presenta diversi vantaggi per Mosca:

• Aderenza alla mentalità della leadership

• Sorpresa strategica

• Possibiltà di uno scenario limitato

• Massima vulnerabilità NATO

• Concrete possibilità di vittoria




Mentalità della leadership

Relativamente al primo punto, la guerra in Ucraina ci ha rivelato una verità non positiva: la capacità della Russia di passare rapidamente ad una economia di guerra e la corrispondente lentezza delle leadership occidentali nel prendere atto di una situazione irrisolvibile con le opzioni ordinarie del tempo di pace.

Il Cremlino ha percepito questa difficoltà e sta quindi giocando d’anticipo cercando di compensare il divario tecnologico con la massa, non diversamente dall’Armata Rossa dei tempi sovietici. L’esercito russo si sta quindi sovietizzando con l’obiettivo dichiarato di raggiungere 1,5m di effettivi dichiarati da Shoigu circa un anno fa.

Tale adattamento dipende da diversi fattori, psicologici, sociali ed oggettivi in larga misura correlati alle caratteristiche tipiche di un regime autocratico, intrinsecamente rapido nel reagire e nel decidere, oltre che abituato da decenni a sfruttare i punti deboli dell’avversario prima ancora dei propri punti di forza. Tattica da judoka: adattarsi alle caratteristiche dell’avversario per ritorcerle contro di lui.

La guerra ibrida è parte di questa mentalità, che deriva dalla “correlazione delle forze” di sovietica memoria. Evgenij Primakov, quintessenza del metodo politico sovietico promosse a prassi la teoria facendone la base di quella che verrà poi chiamata non del tutto correttamente “Dottrina Gerasimov”: due elaborazioni in realtà diverse, la prima politica e la seconda operativa, ma contigue ed ambedue basate sulla capacità di ingaggiare con successo un avversario superiore con tattiche disorientative e metodi asimmetrici che troveranno poi proficua applicazione in Crimea e Donbas nel 2014.

Nella grande partita a scacchi che si giocherà da qui ai prossimi anni, è quindi necessario che l’Occidente impari a pensare con la mentalità russa, non per imitarla bensì per prevenirla, proprio perché la Russia è da anni impegnata a sua volta a decifrare il pensiero occidentale, prevedendone le azioni e le nevrosi, sovente con successo.



Sorpresa strategica

La scelta opportunistica del momento può garantire a Mosca la sorpresa strategica su un Occidente tarato su schemi logici prudenziali e di riduzione del danno, laddove invece Mosca è da sempre orientata al rilancio, al bluff, all’escalation in quanto ben consapevole della riluttanza occidentale al confronto diretto.

C’è da aspettarsi quindi che il Cremlino continui ad usare un sistema di pensiero laterale cercando logiche alternative a quelle più dirette e razionali tipiche del pensiero lineare occidentale. 

Anche in questo caso la guerra ibrida ci suggerisce la possibilità che Mosca, in preparazione allo scenario prescelto, adotti il sistema del caos, giocando la carta dell’imprevedibilità per generare confusione e disorientare l’Occidente, attizzando focolai di crisi ed amplificando le contraddizioni occidentali, soprattutto in caso di vittoria di Trump negli USA.

Per prevalere su un Occidente economicamente, finanziariamente e tecnologicamente più forte ma psicologicamente più debole, Mosca ha quindi bisogno di attivare dei generatori di caos, ruolo attualmente ricoperto dal leader nordcoreano Kim e precedentemente (7/10) da Hamas, in modo da suddividere le risorse e le resistenze occidentali su diversi scenari, mantenendo invece concentrate le proprie.

Un momento delicato potrebbe ad esempio coincidere con le prossime esercitazioni ZAPAD, che in teoria dovrebbero svolgersi in Bielorussia nell’autunno 2025, ma che potrebbero anche essere posticipate di un anno portandole a coincidere con le mid-term USA per alimentare incertezza e nervosismo in un momento di possibile confusione politica americana.

Quelle precedenti, ZAPAD 2021, le più imponenti del post-91, sono considerate la prova generale dell’invasione dell’Ucraina; quelle che verranno potrebbero quindi cercare di sfruttare una vulnerabilità politica occidentale apertasi magari a seguito del sovrapporsi di crisi distrattive parallele.

C’è quindi da attendersi a tutti i livelli nei prossimi anni una recrudescenza del caos, terrorismo compreso, funzionale allo scenario prescelto da Mosca.




Scenario limitato

La possibilità che Mosca decida di agire senza aspettare di essere militarmente al top nella ricostruzione del proprio esercito ovvero prima che il picco della produzione si intersechi con il picco della prontezza, indurrà Mosca ad elaborare uno scenario limitato coerente con le proprie possibilità, ma altamente destabilizzante dal punto di vista strategico e psicologico, possibilmente di breve durata nonché capace di mettere la NATO (o una parte di essa) davanti ad un fatto compiuto al punto da costringerla a chiedersi se valga o meno la pena di morire per…

Insomma, una quadratura del cerchio difficile, ma non impossibile.

La stessa Ucraina avrebbe dovuto essere uno scenario simile: rapido, relativamente indolore ed altamente destabilizzante per l’Occidente. Così almeno se lo era verosimilmente prefigurato Putin nella sua testa grazie anche alla piaggeria dell’FSB.

La realtà si era rivelata diversa ed il boccone troppo grosso: ma avere tentato di inghiottirlo conferma la spregiudicatezza di Mosca nel giocare fuori dalle regole e la sua predisposizione all’azzardo, nonché la concreta possibilità che ci riprovi forte dell’esperienza acquisita.

Lo scacco e lo smacco subiti in Ucraina non devono quindi illudere sul fatto che Mosca li possa considerare dissuasivi: al contrario li utilizzerà come formativi per evitare di ripeterli.

Uno scenario ridotto si adatta perciò perfettamente a questa realtà che tuttavia restringe le variabili all’opzione Suwalki, la sola che, per le sue caratteristiche, possa davvero gettare l’Alleanza nel caos e garantire a Mosca una possibile vittoria a prezzo contenuto.



Vulnerabilità NATO

Qualcuno si chiederà: ma se le opzioni russe si riducono a Suwalki, quale sarebbe la sorpresa?

La risposta è nei tempi e nelle modalità prescelti per sfruttare al massimo la vulnerabilità NATO in quel settore.

Il gap di Suwalki, come a suo tempo quello di Fulda è intrinsecamente vulnerabile e non vi è modo, militarmente parlando, di evitare che lo sia. Il terreno pianeggiante ed agricolo con qualche tratto di foresta lungo il confine bielorusso non offre significativi appigli alla difesa e manca totalmente di profondità strategica, con conseguenze potenzialmente gravissime qualora venisse rescisso alla base presso Suwalki, per via del virtuale isolamento in cui finirebbero i paesi baltici rispetto al resto del territorio NATO.

Il Suwalki gap si allunga per 65 km a cavallo del confine tra Lituania e Polonia e rappresenta il punto più vulnerabile dello schieramento NATO


In realtà l’ingresso nell’Alleanza di Svezia e soprattutto Finlandia ha reso un po’ meno assillante il problema del gap di Suwalki, per via dell’alternativa, ora disponibile, di un collegamento (precario) tra Finlandia ed Estonia attraverso il golfo che le separa: ma si tratta di un mero palliativo in un settore altamente vulnerabile in quanto adiacente alla bolla difensiva russa di San Pietroburgo.

Pertanto, all’interno di un settore baltico che rappresenta l’anello debole dell’Alleanza in termini strategici, la difesa di Suwalki rimane prioritaria e tutt’ora affidata sostanzialmente a due elementi metapolitici: la solidità della NATO in sé e la deterrenza che può imporre attraverso l’Art.5. 

Dopodiché, se per qualsiasi ragione dovesse venire meno la solidità e quindi la solidarietà dell’Alleanza, verrebbe automaticamente messa a rischio anche l’applicabilità e di conseguenza la capacità dissuasiva dell’Art.5 ed a quel punto qualcuno tra i partners potrebbe cominciare a chiedersi se valga o meno la pena di morire per Vilnius (e Riga, e Tallinn).

Le prossime elezioni USA saranno un primo banco di prova per testare la compattezza della NATO in caso di nomina di Trump, di cui è ben noto l’atteggiamento non esattamente costruttivo verso l’Alleanza e la stessa Europa.

Potrebbe essere questa, in un possibile quadriennio trumpiano, una prima finestra di opportunità per Mosca per tentare di sorprendere la NATO in un momento di estrema vulnerabilità politica ed in parte anche militare, in quanto le riforme adottate dal vertice interalleato di Madrid del 29-30/6/22 ed in particolare la volontà di espandere a livello di brigata i tre battaglioni multinazionali NATO schierati nei paesi baltici, si trovano ancora in fase di implementazione.

Nonostante il nuovo concetto strategico (2022 Strategic Concept) approvato a Madrid, una criticità della risposta NATO ad un aggressione russa riguarda i tempi di dispiegamento di rinforzi nelle aree minacciate: 100.000 uomini entro 10 giorni, 200.000 entro 30 e 500.000 entro 180.

Mosca può quindi cercare di sfruttare la finestra dei 10 giorni per infliggere alla NATO un colpo distruttivo attraverso il gap di Suwalki vanificando così il resto del dispiegamento con il metodo del “fatto compiuto”.

Una azione combinata delle truppe russe schierate a Kaliningrad e lungo la frontiera lituano-bielorussa potrebbe risolversi anche in meno di 10 giorni, soprattutto se Mosca, circoscrivendo le operazioni alla sola parte lituana del corridoio di Suwalki, riuscisse con il ricatto nucleare, a tenere Varsavia fuori dal conflitto.

In fondo in situazioni come questa dove le opzioni militari sono ridotte, a prevalere è la volontà politica e chi dimostra la più forte volontà politica ha già messo una ipoteca sul successo.



Possibilità di successo

Dunque Mosca in uno scenario limitato e di breve durata può avere significative possibilità di successo contro una NATO che la sovrasta in almeno tre ambiti (economico, finanziario e tecnologico) e che è almeno pari in un quarto, quello militare, pesantemente influenzato dalla tecnologia.

Viceversa nel quinto ambito, quello politico, a dominare è la Russia, che quindi cercherà con ogni mezzo di renderlo un moltiplicatore di forze per sé ed un moltiplicatore di crisi per i suoi avversari agendo sulle diverse leve a sua disposizione compresi terrorismo, questioni etniche e ricatto nucleare: soprattutto se dall’altra parte dell’Atlantico vi sarà una amministrazione USA scarsamente propensa ad impegnarsi in Europa.

Per Mosca sfruttare una finestra di opportunità potrebbe essere una tentazione irresistibile, così da avvalersi al meglio della predisposizione di una società russa completamente militarizzata dalla propaganda di regime e già inquadrata dall’economia di guerra, al contrario di quella occidentale completamente impreparata all’idea di un conflitto aperto con una potenza nucleare come la Russia: attitudine che Mosca cercherà ovviamente di ampliare prima dello scontro, con tattiche sempre più intrusive e destabilizzanti, volte a condizionare la fragile opinione pubblica occidentale.

Ed ecco nuovamente il pensiero laterale del judoka che nel caso russo ha una profonda carica di autocentrismo: interpretare come debolezza l’autocontrollo occidentale e quindi procedere a continui rilanci in una logorante guerra di nervi. In questi tipo di confronto Mosca parte in vantaggio e quindi ha necessità dell’escalation almeno quanto l’Occidente ne è riluttante.

Da qui la concreta possibilità che Mosca si imbarchi in una operazione militare limitata ad un singolo obiettivo apertamente dichiarato, ad esempio un corridoio per Kaliningrad attraverso la Lituania senza sfiorare la Polonia e che una volta raggiunto in pochi giorni anticipando l’automatismo dell’Art.5 grazie all’effetto-sorpresa e relativamente pochi danni, offra un ramoscello d’ulivo ad un Occidente psicologicamente fragile, fattualmente nel panico e troppo ansioso di scendere a patti.

Uno scenario del genere, che comprenderebbe la minaccia nucleare su Varsavia in caso di intervento polacco a difesa della Lituania, manderebbe la NATO in crisi irreversibile e segnerebbe, nel giro di pochi anni, la fine dei paesi baltici, rimasti isolati dal resto dell’Alleanza.

Nel loro caso la partita sarebbe semplicemente rimandata in attesa dell’inevitabile implosione della NATO.



Conclusioni

Quante sono le possibilità che si avveri uno scenario di questo tipo?

Impossibile avere certezze, ora come ora: troppe sono le variabili in gioco. 

Chi scrive le ritiene comunque relativamente elevate, soprattutto se si dovesse arrivare ad una conclusione della crisi ucraina tale da consentire a Mosca di ammassare risorse altrove e qualora dovesse essere eletto quel generatore di caos di nome Donald Trump. Anche in quel caso tuttavia, certi automatismi che ci appaiono probabili potrebbero non essere così scontati anche per via della personalità narcisistica del soggetto Trump, che in un confronto caratteriale con il sociopatico Putin, potrebbe essere tentato a sua volta di sparigliare le carte.

Un punto tuttavia può fare la differenza tra le variabili: la maggiore o minore capacità dell’Occidente di reggere le pressioni. Su questo occorrerà lavorare a tutti i livelli (politico, sociale, militare, mediatico, economico e culturale) per togliere a Mosca l’unico reale vantaggio di cui dispone e quindi chiudere quella vulnerabilità che potrebbe essere tentata di sfruttare.

In altre parole riappropriarsi non solo della deterrenza attraverso il ripristino della forza dissuasiva ma anche della fermezza nell’intenzione di usarla qualora necessario: un messaggio che a Mosca deve giungere forte e chiaro.



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