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martedì 24 giugno 2025

Nero su Verde. La presenza fascioleghista nel varesotto e dintorni

Parte Prima. Origini della specie


Cellina di Leggiuno. Un paese tranquillo del varesotto, con vista sul Lago Maggiore: di qua la sponda lombarda, di là la sponda piemontese oltre la quale, passata Verbania, ci si inerpica in quella dell'Ossola, la valle che nel settembre/ottobre 1944 fu cuore di una  repubblica partigiana temporalmente effimera ma di elevato valore politico.

Quasi di fronte a Cellina, sul lato piemontese subito a nord di Arona, si trova Meina, che nel settembre 1943 era stata teatro di un eccidio nazista perpetrato da elementi della divisione SS-Leibstandarte contro 57 ebrei rastrellati nella zona.

Da Cellina procedendo verso nord, dopo circa 5 km di lungolago si arriva a Laveno Mombello nei cui pressi di trova Ceresolo. Ceresolo è anche nota come "spiaggia dei tedeschi", mentre nella vicina Cerro, fin dal 1928 vi era un immobile con campo sportivo ad uso ricreativo intestato alla Deutsche Hilfsverein Mailand (DHVM), l'associazione tedesca di Milano che sul Lago Maggiore aveva squadre sportive ed organizzava eventi ludici. Dopo l'avvento di Hitler l'associazione, come ogni altra entità tedesca del tempo, ottempera alla Gleichschaltung e si allinea al regime. A Milano diviene un punto di contatto tra il consolato tedesco e le autorità prefettizie italiane.

Gli anni della guerra provocano la sostanziale liquefazione della DHVM, che tuttavia riprende forma già dai primi anni '50 con il nome di Deutscher Sportverein Mailand. Secondo la timeline compilata dalla stessa DSVM, i vecchi soci fanno gradualmente ritorno e l'associazione si trasforma in una specie di country club esclusivo, tutt'ora attivo.

Tra il 1963 ed il 1964, proveniente da Milano, si stabilisce definitivamente a Cellina di Leggiuno una certa famiglia Bickler formata dal padre Hermann, dalla madre Ruth e da diversi figli tra cui Dietrich, che ritroveremo più avanti.

Ma chi era veramente Hermann Bickler?

Hermann Bickler è stato un gerarca nazista di medio livello, originario di una famiglia mennonita tedesco-svizzera ma di cittadinanza francese, noto per avere collaborato col Terzo Reich nella germanizzazione e nazificazione della sua terra d'origine vale a dire l'Alsazia.

Nato nel 1904 a Hottviller in Lorena (allora Hottweiler), a quel tempo compresa nell'impero tedesco guglielmino, dopo il 1918 ed il ritorno della regione alla Francia, il giovane Hermann si iscrive a Legge aprendo poi uno studio legale a Strasburgo nel 1934. Ma è la politica che lo attrae, in particolare quella legata ai gruppetti ed organizzazioni autonomiste ed indipendentiste di matrice germanofona che frequenta ed alle quali aderisce fino a fondarne una propria nel 1933, vale a dire lo Jungmannschaft, allo stesso tempo movimento giovanile e foglio di lotta, che nel 1936 Bickler trasformerà poi in un partito politico denominato Elsaß-Lothringische Partei (ELP) al fine di eludere la legge francese sui movimenti estremistici.

Il Wolfsangel o gancio di lupo, emblema della Jungmannshaft e di altre organizzazioni paramilitari filonaziste


Di impianto ideologico nazista e filo-tedesco seppure con tratti fortemente identitari e legati al territorio, lo ELP viene messo al bando dalle autorità francesi nell'aprile 1939 e lo stesso Bickler arrestato il 31 ottobre 1939 assieme ad altri leaders autonomisti alsaziani.

Tornato in libertà dopo la resa francese, Bickler prende parte attiva all'assimilazione dell'Alsazia-Lorena nel Reich nazista, nel ruolo di Kreisleiter di Strasburgo nonché di membro effettivo delle SS col grado di SS-Standartenführer (colonnello). In tale funzione promuove l'arruolamento dei malgré-nous (1) nell'esercito tedesco e la completa incorporazione della Jungmannschaft nelle Waffen-SS. Tuttavia il suo rifiuto ad abbandonare la fede protestante lo rende inviso agli occhi di Robert Wagner, Gauleiter dell'Alsazia Lorena, il quale alla fine del 1942 non gli rinnova  l'incarico di Kreisleiter. 

Chiamato a Berlino presso il RSHA (2), Bickler ritorna in Francia nel 1943 col nuovo ruolo di direttore del reparto VI-SD presso il BdS Parigi, vale a dire di comandante dell'intelligence politica (SD) del comando di SS e Polizia di Parigi: un dipartimento strettamente collegato alla Gestapo, incaricato tra l'altro della repressione antipartigiana.

Hermann Bickler, in divisa da Kreisleiter, 1941-1942

È in tale ruolo quindi, che nel 1943/44 Bickler presta servizio a Taverny dove promuove l'arruolamento e la formazione di un reparto di polizia ausiliaria antipartigiana formata da volontari francesi, denominata Selbstschutzpolizei.

L'11 agosto 1944, dopo il D-Day Bickler abbandona Parigi e ripara a Strasburgo e quindi nel novembre successivo, prima dell'ingresso a Strasburgo delle truppe di De Gaulle, si sposta oltre Reno a Heiligenberg nel Baden, dove tenta di riorganizzare miliziani e collaborazionisti in fuga dalla Francia, reclutando agenti. È in questa fase che viene incaricato di organizzare una rete di sabotatori da infiltrare dietro le linee alleate. 

Nelle intenzioni si tratta di dare vita a dei gruppi "partigiani bianchi" (Maquis Blancs), per i quali vengono aperti tre centri addestrativi a Wald, Hausen e Wiesbaden. A sovrintendere all'intera operazione vi sarebbe il noto Otto Skorzeny, reduce dall'avere organizzato dei reparti analoghi nelle Waffen-SS (le cosiddette Jagdverbände).

Il fallimento dell'operazione Maqis Blancs è prodromico al collasso definitivo del Reich. 

In tale periodo, marzo 1945, Bickler si trova a Salem presso Costanza, che di lì a poco diverrà area d'occupazione francese, dove cerca di aprire una rat-line verso la Spagna a favore di collaborazionisti francesi in fuga; gli è facile quindi in tale ruolo fornire al suo amico e scrittore francese Céline, conosciuto durante il servizio a Parigi, il visto d'uscita per la Danimarca, sottraendolo così a probabili rappresaglie delle autorità francesi.

L'armistizio sorprende Bickler a Baden Baden. Temendo a sua volta di finire nelle mani dei francesi si sposta allora ad Heidelberg che ricade invece sotto occupazione americana. Ad Heidelberg opera uno dei comandi del CIC, il Counter Intelligence Corps americano, vale a dire l'agenzia antesignana della DIA, che aveva scelto di accettare i servigi offertigli da Reinhard Gehlen, il generale tedesco comandante del Fremde Heer Ost, ovvero il servizio di intelligence e sabotaggio dipendente dal comando supremo dell'Esercito (OKH). (1)

È probabile che sia dunque in questa fase che Bickler, riciclatosi in modesto operaio forestale, si fosse messo in contatto con l'Organizzazione Gehlen, venendo poi da questa verosimilmente informato della sentenza di condanna a morte per collaborazionismo comminatagli in contumacia dalle autorità giudiziarie francesi (4/9/47): sentenza cui Bickler si sottrae spostandosi clandestinamente a Innsbruck, ospite di un convento di frati cappuccini.

Secondo Charlese Béné, autore di una monumentale opera sull'Alsazia nel periodo nazista, il fuggiasco nascosto sotto un saio cappuccino sarebbe stato spostato dapprima a Bolzano e quindi a Portofino, in provincia di Genova.

Sulla appartenenza di Bickler all'organizzazione di Gehlen, non sembrano esserci grossi dubbi: viene infatti citato in un documento del CIC declassificato nel 2006 che rivela la sua connessione con una certa Mme. Pannwitz: si tratta probabilmente della moglie dell'SS-Sturmbannführer Heinz Pannwitz alto funzionario della Gestapo di Parigi e sodale di Bickler durante la guerra, consegnato dai francesi ai sovietici nel 1945 e rientrato nel 1956 in Germania dove verrà poi ingaggiato dal nuovo servizio segreto federale BND, diretto da Gehlen.

Non solo. Un secondo documento CIA datato 26 agosto 1959 lo descrive come presunto agente estero dello stesso BND, dove risulta noto sotto diversi pseudonimi: Pietro Mair, Winkler e Schmidt. 

 





Siamo alla fine del 1947 ed Hermann Bickler si stabilisce a Portofino. Di là a breve, grazie all'aiuto dei gesuiti di Milano, lo raggiungeranno la moglie ed i figli.
A confermarlo è una testimonianza video di suo figlio Dietrich, rilasciata nel 2023, che però non chiarisce i motivi della scelta di tale località, a 40 km da Genova, né spiega di cosa vivesse la famiglia in quel piccolo borgo marinaro, mondano fin dagli anni '30 ma non certo florido in quel primissimo dopoguerra.
Quindi perché Hermann Bickler sceglie Portofino anzichè qualche località in grado di offrire prospettive migliori alla sua famiglia?

Non ci sono conferme né prove, solo ipotesi. Ed una di queste ci conduce alla ben nota ratline, la linea di fuga dei nazisti verso il Sudamerica, che aveva Genova come terminale di imbarco.
Il sospetto non è tanto quello che Bickler volesse espatriare, quanto piuttosto che facesse in qualche modo parte della struttura logistica della stessa ratline, in particolare considerando la sua appartenenza alla rete di Gehlen e le sue precedenti esperienze nel fare fuggire sodali ed amici (come Céline) verso la Spagna e la Danimarca. 
Bickler, con la sua agendina di contatti nel mondo torbido dell'intelligence avrebbe potuto certamente essere un elemento utile.

Bickler scelse quindi Portofino su indicazione di Gehlen che intendeva utilizzarlo nella messa a punto della propria ratline?
Non si sa. E qui il discorso si complica perché entra in gioco una seconda via di fuga, sempre basata su Genova via Roma ma utilizzata prevalentemente da fuggiaschi croati.

Ciò che è certo è che Portofino si trova a 5 Km da Santa Margherita Ligure, che allora era passaggio unico ed obbligato per raggiungere Roma da Genova, attraverso cui doveva per forza transitare, tra l'altro la celebre Mercedes nera con targa vaticana che Don Karlo Petranovic, sacerdote croato con passato ustasha, utilizzava nei suoi viaggi di andata e ritorno dalla capitale al servizio della cosiddetta ratline dei conventi. A Roma Petranovic si rapportava con un altro prelato croato, padre Krunoslav Draganovic, segretario della Confraternita di San Girolamo in via Tomacelli, che ben presto diverrà il principale snodo della ratline croata.

Non è chiaro se la ratline di Gehlen fosse collegata a quella di Petranovic oppure avesse una logistica propria. 
Quello che è certo è che Gehlen a sua volta disponeva a Roma di un fondamentale punto d'appoggio, nella persona di Willy Friede, ex-colonnello delle SS con importanti agganci vaticani, dal 1946 residente presso il collegio gesuita Germanicum di via Nicola da Tolentino, divenuto ben presto la base operativa della ratline di Gehlen: la cosiddetta ODEUM, organizzata da Friede e diretta da Johannes Gehlen, fratello di Reinhardt.

Tutti i fiumi portano al mare. Ed è quindi plausibile alla fine che la ratline dei conventi e quella di Gehlen abbiano finito per sovrapporsi, anche perché disponevano di almeno un referente comune: vale a dire il vescovo austriaco Alois Hudal, che fino al 1952 sarà rettore a Roma del Pontificio Collegio di Santa Maria dell'Anima.

Se Hermann Bickler sia stato o meno una rotella di questo ingranaggio forse non si saprà mai. Resta il fatto che la presenza dei Bickler a Portofino, dal 1948 fino ai primi anni '50, coincise forse non casualmente con il momento di massima attività della ratline genovese, che si concluse sostanzialmente nel 1951 dopo la fuga di Klaus Barbie, il boia di Lione collaboratore del CIC: lo stesso CIC che teneva sotto tutela la rete di Gehlen e che aveva Draganovic come referente per la ratline dei conventi.

Dunque, nei primi anni '50 i Bickler lasciano Portofino e si trasferiscono a Milano, dove Hermann avvia un piccolo commercio di tessuti. In una intervista rilasciata molti anni dopo suo figlio Hans ricorderà con nostalgia i tempi in cui viveva all'angolo di una via Gluck semirurale molto simile a quella cantata da Adriano Celentano.

Hermann a quel punto ha con sé sua moglie Ruth (1909-2004) e otto figli: Martin (1947-1988), Dietrich (1940-), Hans (1932-2017), Otto ed altri quattro. Ma la loro posizione non sembra granché stabile. La famiglia mantiene un profilo basso non essendo in regola con le autorità italiane, al punto da non potere iscrivere i figli a scuola. Secondo il Manifesto è lo stesso Hermann a dover fare da insegnante al piccolo Dietrich.

L'Italia, appunto. Quali sono i rapporti tra Hermann Bickler e le autorità italiane?
Secondo Charles Béné, Bickler era considerato un rifugiato politico ma non avrebbe mai ricevuto un permesso di soggiorno definitivo in Italia, né sarebbe mai stato ricercato come criminale di guerra. In altre parole sarebbe stato semplicemente ignorato. O quasi.

Nonostante mantenga un profilo basso, Hermann si dà da fare: ha pur sempre una famiglia da mantenere e progetti da portare a termine e per entrambe le cose occorrono risorse di cui probabilmente non dispone, quantomeno non a sufficienza.

Ed ecco che ci viene nuovamente in aiuto Charles Béné, il quale ci spiega come Hermann, fin dal 1947 avesse ottenuto l'aiuto di una facoltosa dama tedesca munita di passaporto svedese, ex-agente dell'Abwehr nonché proprietaria di una vasta tenuta ad Arolo, presso Leggiuno, chiamata "Madonnina". 
Sarebbe questa misteriosa "dama nera" ad avere agito da intermediaria per consentire a Hermann di acquistare un ampio terreno in località Angisio, 3 km da Arolo, dove negli anni successivi Bickler farà costruire, sulla cima di una piccola collina prospiciente il Lago Maggiore, una sontuosa villa isolata che verrà battezzats come residenza "San Martino".

Chi fosse questa "dama nera" proprietaria della "Madonnina" non è dato sapere. È plausibile comunque facesse parte del giro della Hilfsverein Mailand e che fosse presente in Italia fin dagli anni '30.
Attualmente esiste ancora ad Arolo una villa padronale chiamata "La Madonnina", gestita da una pagina web svizzera ed adibita ad uso turistico.

Passeranno ancora diversi anni prima che i Bickler si possano infine trasferire, verso il 1963, nel buen retiro di Cellina, in quella villa circondata da un vasto parco recintato ed accessibile da un'unico sentiero nel bosco che Hermann aveva fatto costruire.
La villa è tutt'ora isolata, immersa in un bosco e raggiungibile solo attraverso sentieri; sul lato a strapiombo sul lago è presente una sorta di torrione semicircolare simile a quello di un antico maniero svevo ed il tutto dà l'impressione di un sito scelto appositamente per tutelare la privacy del suo proprietario.


Residenza San Martino, dimora di Hermann Bickler: una specie di "nido dell'acquila" a strapiombo sul Lago Maggiore. Fotogramma tratto da Lago Nero, trasmissione de La7 del 22/4/24. Sotto, la stessa ripresa da Google Earth. Notare il torrione semicircolare sull'angolo in alto a sx, visibile anche nella prima foto. Attualmente la dimora dovrebbe appartenere ad altri proprietari
 


Dunque, per Bickler, un incontro provvidenziale quello con la "dama nera". Béné non specifica dove abbia appreso alcuni dettagli, ma dà per certo il fatto che la misteriosa signora avesse reso Hermann beneficiario di una parte dei fondi accumulati durante la guerra dalle SS a Berna presso la Banca Nazionale Svizzera, poi abbondantemente utilizzati per carburare le ratline e sovvenzionare i fuggitivi nei primi passi della loro nuova vita da esuli.

Nel frattempo il business di Hermann prospera, anche in questo caso agevolato a quanto pare dalla "dama nera", che lo favorisce procurandogli la rappresentanza di una importante impresa tessile di Amburgo: ruolo che gli consente frequenti viaggi in Germania, segnatamente in Baviera, dove Gehlen, con il pieno appoggio del CIC, si appresta a trasformare (dall'aprile 1956) la sua organizzazione nel BND, ovvero il servizio segreto della Repubblica Federale di Germania. 
Secondo Philip Bankwitz autore di un saggio sui leaders autonomisti alsaziani pubblicato nel 1978 e la cui edizione francese fu osteggiata da Bickler, Hermann avrebbe soggiornato a Gera, Tubinga e Zweibrücken.
Curiosamente, ma forse casualmente, a commerciare in tessuti non è il solo Bickler ma anche il suo ex-compagno d'armi Roland Nossek, che aveva servito sotto di lui a Parigi nell'ufficio VI-SD. Sia Nossek, sia Bickler vengono menzionati in connessione con Pannwitz in un documento del CIC datato gennaio 1960. Anche per il CIC, però, è tempo di mutamenti, perché dall'autunno 1961 verrà trasformato dell'attuale DIA, Defence Intelligence Agency.

È il 1963 ed in vista della vecchiaia arriva finalmente per Hermann il momento di trasferire tutto il clan nel buen retiro in riva al Lago Maggiore. La villa edificata sul terreno acquistato nel 1948 è pronta ad accogliere la numerosa famiglia, che lascia Milano dove mantiene però le proprie attività commerciali; e se non fosse stato per la prematura scomparsa del figlio Martin (1947-1988), nulla avrebbe turbato la routine di Hermann, resa familiare dalla presenza, sparse nel circondario, di numerose famiglie tedesche: una comunità diffusa, secondo quanto affermato da Béné su oltre 400 proprietà immobiliari nel solo settore Luino-Angera: diverse delle quali sequestrate sequestrate dallo stato italiano nell'immediato dopoguerra e poi restituite subito dopo. Insomma, una "piccola Germania", che probabilmente aiuta i Bickler a passare inosservati per anni.
Hermann in realtà non nega il suo passato di esule politico inseguito da una condanna a morte, ma a tratti lo rivendica ed a tratti lo manipola a beneficio dei suoi compaesani. Riceve visite dalla Germania ed abbondante corrispondenza da Francia e Sudamerica; addirittura, qualcuno lo vede aggirarsi nella sua proprietà con addosso la sua vecchia uniforme SS.
Le autorità italiane lo conoscono anche perché pare che ad un certo punto la procura di Varese avesse ricevuto un rapporto su Bickler da parte dei Carabinieri, di Leggiuno, che però si traduce in un nulla di fatto; come anche cade nel vuoto una segnalazione inviata nel dicembre 1980 al magistrato Aldo Gentile che indagava sulla strage di Bologna relativamente al rinvenimento del contatto telefonico di Hermann Bickler nell'agendina dell'estremista tedesco ed ex-giudice nazista Manfred Roeder, fondatore (nel 1980) del gruppo terrorista neonazista Deutsche Aktionsgruppe.

Sopra e sotto, l'informativa su Roeder al giudice Aldo Gentile. Fotogramma tratto da Lago Nero, trasmissione de La7 del 22/4/24




Ed ancora, una presunta richiesta di estradizione da parte degli inquirenti francesi, sarebbe stata respinta dalle autorità italiane fin dal 1952. Insomma siamo di fronte a circostanze che fanno ipotizzare qualche sorta di "impunità" riconosciuta di fatto a Bickler, forse per via del suo ruolo come agente del BND se non addirittura di Stay Behind, come asserito nella trasmissione Lago Nero de La7 del 22/4/24.


Nel suo buen ritiro Hermann si spegne nel 1984, precedendo di 20 anni la moglie Ruth. Ambedue ora riposano assieme al figlio Martin nella tomba di famiglia del cimitero di Leggiuno.
Gli sopravvivono gli altri figli, uno dei quali direttore di un carcere a Francoforte ed un'altra figlia sposata in Germania. A portare avanti il business di famiglia è invece Hans, titolare di una società di import-export tessile a Milano.
Dietrich invece percorre una strada diversa. Dopo aver provato una carriera d'architetto, dagli anni '80 si dedica alla pittura con un certo successo, dal suo studio-atelier di Cardana di Besozzo a 4 km dalla residenza San Martino, in un ordinato villino in collina che diventerà suo malgrado protagonista di vicende sospese a metà strada tra cronaca e Storia.

La tomba di famiglia dei Bickler al cimitero di Leggiuno, circa 500m dalla residenza San Martino 




Fine parte 1

(1) I malgrè nous, o nostro malgrado, erano gli alsaziani e lorenesi reclutati come coscritti nella Wehrmacht, che non potevano sottrarsi agli obblighi di leva in quanto provenivano da un territorio ex-francese annesso al Reich nel 1940

(2) Il RSHA o Reichsicherheitshauptamt, ufficio centrale per la sicurezza dello Stato era il comando centrale delle forze di polizia del III Reich, comprendente polizia d'ordine, Gestapo, SD e Krimi se w1malpolizei. Era diretto da Reinhard Heydrich, direttamente subordinato a Himmler.

(3) Il Fremde Heer Ost di Gehlen dipendente dall'OKH non va confuso con l'Abwehr di Wilhelm Canaris, dipendente invece dallo OKW, il comando supremo delle forze armate soprastante l'OKH





 

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