Partiamo da qui. Da queste due bandiere e dalla netta linea di faglia che le divide, che separa due mondi, due concezioni, due approcci radicalmente opposti, al punto da essere incompatibili. Esistenzialmente incompatibili. E quindi fatalmente destinati ad uno scontro che in realtà è già in atto, anche se non da tutti in Occidente percepito come tale, forse nell'illusione di poterlo esorcizzare.
Potrà anche non piacere, ma in questo scontro ci siamo dentro fino al collo, non per nostra scelta ma per via di quella nube tossica che si respira al Cremlino, mista di imperialismo revanscista e millenarismo, oltre che di quella "ansia autodistruttiva" di cui parlava Nikolai Berdjaev, riferendosi all'anima russa, inquieta ed attratta da un malsano "inebriamento da catastrofe".
Sceneggiatore, regista ed attore della sciagurata invasione ucraina, il regime di Putin ha scelto l'all-in, nascondendo le proprie ossessioni paranoiche dietro un muro di menzogne ed improbabili costruzioni narrative: da un lato efficaci come veicolo di propaganda in un Occidente disorientato, ma dall'altro lato devastanti nel costringere il Cremlino a farsi prigioniero di sé stesso, della propria aggressiva retorica, della propria realtà alternativa.
Impossibilitato a tornare indietro, pena il crollo, il regime di Putin si trova costretto a rilanciare in avanti, superando barriere che in altri tempi, negli anni della Guerra Fredda, sarebbero state considerate intoccabili entro un gioco di regole non scritte ma accettate e rispettate e che ora invece, nell'Era del Caos, appaiono indefinite e sfuggenti, proprio come la guerra ibrida.
La "società liquida" ha in qualche modo portato alla liquefazione della geopolitica, all'annullamento di schemi che si ritenevano intangibili e la guerra ibrida ne è in qualche modo una conseguenza diretta.
La guerra ibrida infatti non è altro che guerra cinetica destrutturata e riproposta in forme alternative, molecolari, addirittura immateriali quando combattuta nei domini del web e dell'ingegneria sociale. È in effetti una forma di "Terza Guerra Mondiale a pezzi", laddove però i pezzi non indicano solo una collocazione geografica, ma si ritrovano sparsi nei molteplici piani dell'ecosistema sociale umano.
Ecco quindi i persistenti sforzi da parte del Cremlino di influenzare l'agire degli elettori, occidentali, di manometterne la fiducia nelle istituzioni, di creare contrasti e divisioni tra settori della popolazione, di iniettare false verità, di diffondere sfiducia e seminare dubbi; in sintesi, demolire le società occidentali dall'interno prima ancora di aggredirle fisicamente con i mezzi cinetici della sovversione, del terrorismo e della guerra convenzionale, così da renderle vulnerabili ad una strategia di conquista cuori & menti propedeutica a quella militare.
È quello che sta avvenendo da due decenni in Occidente e di cui solo ultimamente l'Europa pare inizi avere percezione, ma che si adatta ed integra perfettamente alle altre forme di aggressione (guerra economica e finanziaria, ricatto energetico, propaganda e soft-power diplomatico), pervicacemente perpetrate dal Cremlino.
Ciò che ancora sfugge a buona parte dell'opinione pubblica occidentale e ad una parte delle rispettive leadership, è che la guerra ibrida non esclude l'intervento militare ma di solito lo anticipa o lo affianca sulla base di scelte e schemi situazionali: ragione per la quale non solo è necessario contrastarla nei domini immateriali ma è anche vitale prevenirla attraverso un potente programma di riarmo e dissuasione in grado di raffreddare le velleità di Mosca.
![]() |
Il gap di Suwalki. Nel prossimo futuro potrebbe essere teatro dello scontro definitivo tra Occidente e Russia |
Diversamente entro pochi anni vi sarà la resa dei conti definitiva, con relativo confronto militare: non nei termini di massa e attrito cui stiamo assistendo in Ucraina bensì di velocità e sorpresa nel punto più vulnerabile dello schieramento NATO, vale a dire il gap di Suwalki, l'unico in grado di produrre conseguenze politiche e geostrategiche tali da portare alla implosione interna della NATO senza necessità, da parte di Mosca, di mobilitare soverchianti risorse militari.
Ed eccoci giunti alla ragione di questo blog: monitorare gli eventi fornendo analisi e valutazioni lungo quella Linea di Faglia che ora separa la NATO dalla Russia e che un domani potrebbe facilmente trasformarsi in una linea di fronte.
JJ.
Nessun commento:
Posta un commento