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mercoledì 2 luglio 2025

Figli dell'odio. Piccole vittime o piccoli mostri?


Perché i bambini sono spesso tra le prime vittime di un regime, ma non possono comunque essere considerati moralmente innocenti?



Le drammatiche vicende cui stiamo assistendo in questa Era del Caos in particolare in Medio Oriente ma ovunque vi sia un regime indifferente ai diritti umani, compresi quelli indicati nella Convenzione sui diritti dell'infanzia del 1989, solleva la questione sul fatto se anche ai bambini sudditi di un regime si possano estendere o meno responsabilità morali collegate ad atti spregevoli perpetrati dal regime stesso; ovvero se i bambini si possano considerare, relativamente al loro ruolo nella società, elementi supportivi del regime, escludendoli quindi da quell'innocenza a prescindere che generalmente si riserva ai fanciulli.


Nelle prossime righe proverò a rispondere a queste domande intrecciando i casi dei bambini sudditi di tre regimi diversi: Germania nazista, Gaza di Hamas e Russia putinista.

   

Partiamo da un dato comune a tutte le latitudini. Ogni regime, almeno a parole, si atteggia a protettore dei bambini, dell'infanzia e della maternità, incentivando le nascite, promuovendo le politiche familiari e favorendo la scolarizzazione e l'attivismo sociale tra i giovani. 

Si tratta tuttavia di un atteggiameno fuorviante. Le ragioni non sono infatti etiche, bensì meramente utilitaristiche e collegate alla autopromozione e perpetuazione del regime attraverso schiere di nuovi adepti condizionati fin dall'infanzia e da trattenere nella bolla della propaganda per il resto della loro vita.

Frauenwarte, la rivista ufficiale delle donne del Reich recitava: "Le famiglie felici sono il fondamento del nostro popolo"


🔹Con gli incentivi alle nascite si producono le nuove leve da cui trarre soldati per le guerre di domani e future fattrici sottomesse e devote al sistema ed allo sposo. Il numero è forza si scandiva nel Ventennio, ed una massa consenziente garantisce solidità al regime e fornisce ricambio alle perdite subite nelle guerre di oggi. Non a caso le politiche di natalità vengono spesso veicolate dai leaders religiosi solidali col regime e targhettizzate alla parte più tradizionalista ed incolta della popolazione. Nella Russia di Putin ad esempio, la propaganda di regime appoggiata dalla chiesa ortodossa veicola la procreazione di sette-otto figli quale modello a cui le giovani coppie dovrebbero aspirare, con l'obiettivo di portare ad almeno il 2,1 il tasso di fertilità delle donne russe, attualmente fermo a meno dell'1,5. Vi sono stati casi di preti ortodossi che incitavano le donne ad avere più figli così da poter sostituire in famiglia quelli mobilitati per la guerra.


🔹Con le politiche familiari lo Stato entra nelle case e si intromette tra le coppie. I cittadini singoli, visti come individualisti ed asociali, sono considerati sabotatori e disertori; l'omosessualità in quanto non-procreativa, come abominio morale. La denatalizzazione un pericolo esistenziale, mentre aborto e contraccezione sono spesso vietati. Al contrario, coppie giovani e feconde garantiscono al regime immagine e stabilità, oltre a riportare la donna al focolare nel suo ruolo ancestrale di moglie e di madre. Nella Germania nazista funzionava il programma Lebensborn, ovvero "fonte di vita" in cui ragazze nubili razzialmente idonee dei paesi occupati, rese madri da soldati tedeschi portatori di caratteristiche fenotipiche analoghe, potevano far nascere i loro figli in apposite cliniche e seguirli nei primi mesi di vita. I bambini potevano poi essere dati in adozione a coppie tedesche di elevato lignaggio genetico.

"Madre e bambino". Un manifesto del Nationalsozialistische Volkswohlfahrt (NSV), 1935. Sullo sfondo, un uomo al lavoro. Sotto, un manifesto sovietico del 1947




🔹Con le politiche di scolarizzazione, cosa ben diversa da istruzione e cultura, i regimi impongono ai ragazzi la loro narrativa attraverso libri di testo modificati, azzerandone il senso critico con la massificazione e la sacralizzazione dei doveri verso la Patria ed il Leader, proprio nella fase più ricettiva della loro crescita. Personalismi ed individualismi vengono disincentivati, a meno che non siano funzionali alla propaganda di regime correlata all'esaltazione di singole eccellenze, ad esempio scientifiche o sportive. Il regime di Pol Pot nutriva diffidenza verso gli adulti giudicati poco malleabili, mentre bambini ed adolescenti erano considerati facilmente plasmabili e quindi adatti all'indottrinamento, al punto da potere essere sottratti alla potestà genitoriale ed "educati" direttamente dal Partito. Ceausescu, a sua volta, reclutava massicciamente bambini-spia negli orfanotrofi di regime, con la prospettiva di farne poi perfetti sgherri della Securitate.


Ceausescu e la moglie circondati dai bambini in un dipinto agiografico degli anni '70. L'ossessione del regime per la natalità fu la causa del proliferare degli orfanotrofi-lager


Nelle mani di un regime i bambini diventano quindi proprietà del regime e molto spesso i suoi più fedeli custodi. Le Guardie Rosse di Mao furono il cardine della Rivoluzione Culturale, mentre a Berlino 45 l'ultima linea di difesa era formata anche da ragazzini della HJ. Chi non ricorda la carezza diabolica di Hitler al bambino in divisa nel cortile del bunker della Cancelleria il 20 aprile 1945?


Dalla culla alla tomba, dunque, il welfare totale per ogni regime di qualunque colore. Di fatto sottratti alle famiglie appena affacciati in età scolare, i bambini dei regimi diventano strumenti del sistema attraverso un lungo processo di indottrinamento che dalle scuole primarie li condurrà inesorabilmente alla caserma (od al talamo), senza alcuna possibilità di scelta se non quelle imposte dal regime stesso. Non a caso le organizzazioni giovanili sono l'ossessione di ogni sistema totalitaristico di ieri e dell'oggi: Hitlerjugend, Balilla e Guardie Rosse. E poi ancora Pionieri nella Russia Sovietica e Yunarmiya in quella di Putin; tutti meticolosamente irreggimentati, uniformati, indottrinati. Ed invariabilmente pronti a prendere le armi e quindi a morire su ordine di quel sistema che allo stesso tempo li coltiva e li sfrutta. 

Le raffigurazioni di Stalin protettore dell'infanzia sono innumerevoli e tipiche dell'agiografia sovietica, ora ripresa da quella putinista


Nelle scuole russe, ad esempio, il servizio premilitare fa oramai parte dei programmi educativi fin dalle primarie. Su disposizioni del Ministero dell'istruzione ogni istituto deve disporre di un'aula tattica per l'insegnamento di lezioni militari teoriche sovente accompagnare da giochi di guerra in presenza di veterani reduci dal fronte, a spiegare ai ragazzi le loro esperienze belliche. Le stesse scuole, attraverso i propri budget sono tenute a procurarsi materiali ed attrezzature di tipo militare: armi da soft-air, equipaggiamenti, dotazioni individuali, materiali vari, per i quali viene sovente richiesto il contributo alle famiglie.

Tutto questo significa né più né meno che preparazione alla guerra di bambini ed adolescenti. A partire dal settembre 2024 agli studenti è imposta d'ufficio l'adesione a corsi di addestramento al combattimento, eventi tattici, prove di fuoco, istruzione sanitaria e tecnica: il tutto rinchiuso nel programma scolastico denominato "Fondamenti di sicurezza e difesa della patria", da cui si può essere esclusi solo dietro richiesta espressa e motivata da parte dei genitori. Inutile dire che l'inoltro di una simile istanza può causare ripercussioni sulla famiglia e sul curriculum scolastico dello studente, ragione per la quale viene raramente presentata. Addirittura, secondo Meduza, il rifiuto dell'iscrizione può portare a multe ai genitori per "discredito dell'esercito".

Va da sé come l'educazione "patriottica" sia stata accompagnata dalla riscrittura dei libri di testo adottati dalle scuole, in particolare quelli di Storia, ora perfettamente allineati al verbo del Cremlino. In altre parole in Russia esiste unicamente la narrativa storica di Putin, resa dogma con un decreto presidenziale dell'8 maggio 2024, che presenta le linee-guida relative all'indottrinamento della popolazione secondo un'unica possibile visione del mondo. Complessivamente, nel 2024 le ore di studio riservate alla propaganda ed alla storia distorta del Russkij Mir sono passate al 12% del totale

Come conseguenza, già a partire dal 2024, ma più ancora dal 2025, nelle scuole russe le ore dedicate all'insegnamento delle materie classiche sono state progressivamente ridotte e sostituite da corsi di maneggio delle armi, combattimento, "valori tradizionali" e "Russkij Mir". Come riferito da Meduza, questi corsi più approfonditi cominciano dalla quinta elementare, mentre l'istruzione al maneggio di armi reali (AK74, RPG, Dragunov, granate) inizia a partire dalla terza media. Il tutto spalmato tra le 136 e le 238 lezioni per anno scolastico, impartite da militari reduci dal fronte.

Non solo: è stato avviato un programma di patronaggio, abbinando reparti militari ad istituti scolastici, con gli studenti indotti a scrivere lettere e raccogliere beni e materiali da spedire al fronte al reparto patrocinato.


Fotogramma tratto dal video di Anton Gerashchenko di cui al link sopra evidenziato. L'istruttore spiega ad un bimbo "come uccidere gli ucraini"


A livello federale, questa politica di militarizzazione dei giovani è accompagnata da pesanti investimenti, valutati ad oltre mezzo miliardo di USD nel solo 2025 per programmi di cosiddetta "educazione patriottica", di cui circa 4m USD riservati ai bimbi delle scuole primarie, i cosiddetto "Aquilotti di Russia". Non si conoscono i contributi a livello sub-federale di repubbliche, territori ed oblasti, ma è ragionevole pensare che possano quantomeno raddoppiare gli stanziamenti federali. Nel complesso i fondi del governo allocati in questo settore hanno visto una crescita esponenziale, passando dai 70m USD nel 2022, a 430 nel 2023, a 480 nel 2024, agli oltre 500 previsti nel 2025.


Non solo scuole. La Yunarmiya, organizzazione giovanile gestita dal Ministero della Difesa, inquadra bambini e ragazzi tra 8-18 anni fornendo loro uniformi e doveri come servizio extrascolastico. Non è ancora un servizio obbligatorio ma è fortemente incentivato, con presenza di delegazioni alle parate militari, ai funerali, alle cerimonie ufficiali; in questi termini oltre che preparatorio al servizio militare, ha ruoli cerimoniali e più estesamente di indottrinamento e propaganda pro-regime, configurandosi come un ingranaggio del sistema di potere di Putin esattamente quanto lo era la Hitlerjugend in quello nazista.

Per tale ragione, ogni singolo membro della Yunarmiya diventa un attore attivo-passivo della progressiva militarizzazione della società russa e quindi volonteroso esecutore della politica del regime. In altre parole nella Russia di Putin la weaponization della gioventù e dell'infanzia è parte integrante della politica del regime, nel presente ma soprattutto proiettata al futuro. 

Bambini della Yunarmiya durante una cerimonia. Le analogie con la Hitler Jugend sono impressionanti


Anche regimi meno strutturati come quello di Hamas ma non certo meno feroci ed invasivi rispetto ai totalitarismi classici, non trascurano lo sfruttamento dell'infanzia, avviando i bambini fin dalla più tenera età, lungo un percorso di indottrinamento politico-religioso, radicalizzazione e "martirio", molto spesso esteso alle famiglie, che venerano lo shahidismo e non ostacolano, semmai incentivano, i loro figli dal compierlo. 

È il caso ad esempio di questa madre palestinese, che si dice felice di avere perso come shahid i propri quattro figli maschi. Oppure della più nota Umm Nidal divenuta una specie di icona di Hamas per averne persi altrettanti.

Guerra santa e "martirio" jihad e shahid: i due mantra dell'educazione ideologica sui bambini palestinesi da parte di Hamas e della stessa ANP. A confermarlo è l'analisi dei libri di testo adottati a Gaza ed in Cisgiordania, verificati dalla ONG Impact.se nel suo ultimo rapporto datato marzo 2025: un rapporto ricco di esempi di una narrativa didattica infarcita di riferimenti alla violenza, al terrorismo ed alla disumanizzazione degli ebrei. 

Dalla teoria dell'odio alla pratica militare. Hamas ad esempio ha organizzato per anni campi cosiddetti estivi riservati ad adolescenti e giovanissimi, gestiti da militanti regolari delle Brigate al-Qassam, le cui attività comprendevano addestramento psicofisico, maneggio delle armi e tattiche di guerriglia, comprese le tecniche di rapimento di soldati israeliani. Il training riservato ai ragazzini non differiva da quello cui erano sottoposti i miliziani regolari adulti. 

Particolarmente intensa da parte di Hamas e della Jihad Islamica la narrativa sulla sacralità del "martirio" ed il culto dei "martiri", tramandati con venerazione e come esempi da seguire da parte delle giovani generazioni. In pratica una sorta di mitopoiesi dell'odio, che si autorigenera secondo uno schema ripetitivo.

Hamas dedica molti sforzi alla radicalizzazione dei bambini di Gaza, cui le stesse famiglie sovente collaborano. Fonte foto: Ministero Esteri di Israele


Bambini educati all'odio, fotografati armi alla mano dai loro stessi genitori, ma a volte utilizzati anche come attentatori suicidi e glorificati come "martiri": di questi se ne conoscono una decina di casi principalmente perpetrati da Hamas e Jihad islamica, tutti certamente imbevuti di propaganda ma comunque consapevoli e decisi nel momento dell'agire. Ed in questi casi portatori non solo di una responsabilità morale ma anche di una precisa colpa personale al pari degli adulti che li avevano manovrati.

Non si sottovaluti poi quanto possa essere persistente l'educazione all'odio inculcata nelle menti fertili dei ragazzi. Secondo lo studio Nazi indoctrination and anti-Semitic beliefs in Germany di Nico Voigtländer e Hans-Joachim Voth, la cultura dell'odio e l'indottrinamento insufflati nella prima infanzia (entro il decimo anno d'età ) avranno ripercussioni lungo l'intera vita dei ragazzi manipolati. Il lavoro di Voigtländer e Voth si riferisce alla persistenza della narrativa antisemita in coloro che furono a suo tempo bombardati dalla propaganda nazista, ma può essere concettualmente applicato ad altre forme di indottrinamento in ambienti differenti, mantenendo le condizioni di base.

Ne deriva che il martellamento ideologico attualmente subito dai giovani russi, avrà probabili ripercussioni nelle loro attitudini sociopolitiche anche nei prossimi decenni, rendendo difficile la formazione di uno stato russo democratico anche dopo la scomparsa fisica dello stesso Putin.


E quindi il punto. Di quali colpe e responsabilità si fanno portatori i bambini e ragazzi sfruttati in questo modo dai regimi? Possono essere considerati innocenti a prescindere in ragione delle costrizioni cui vengono sottoposti dagli adulti e dal sistema oltre che per via della loro sostanziale impossibilità di decidere autonomamente?

A parere di chi scrive l'essere stati parte attiva di una qualunque istituzione di regime rende tutti i suoi membri automaticamente corresponsabili delle colpe del regime. E ciò non può non valere per le organizzazioni giovanili.

A Norimberga la Hitler Jugend venne dichiarata organizzazione criminale  nonché complice di crimini di guerra e crimini contro l'umanità: un precedente imprescindibile che conferma l'impossibilità di condannare un regime, che della Gleichschaltung ovvero "allineamento" aveva fatto dogma, senza condannare le sue diverse componenti, ovvero escludendone alcune. 

Non sembrano quindi esserci dubbi circa l'opportunità di considerare criminogene anche le organizzazioni giovanili di regime, per via del loro ruolo nello sviluppo, promozione e sussistenza del regime stesso.

Dichiarare criminale l'organizzazione in quanto tale non significa ovviamente attribuire colpe giuridiche a tutti i suoi membri. E qui entra in gioco la differenza, ben spiegata da Hannah Arendt, tra il concetto di colpa, che è sempre personale e quello di responsabilità, che può essere collettiva, vale a dire legata all'appartenenza di un individuo al gruppo. In tal senso la responsabilità collettiva non equivale necessariamente a colpevolezza per ogni singolo membro del gruppo, bensì piuttosto alla condivisione tra tutti i membri del gruppo delle conseguenze delle azioni attribuibili al gruppo in quanto tale.

Da tutto ciò ne deriva che l'attribuzione di una colpa criminale ad un organizzazione in quanto tale, ivi comprese quelle giovanili, implica necessariamente anche la condivisione della responsabilità collettiva tra tutti i suoi membri, inclusi pertanto quelli minorenni.

Tutto questo non equivale ovviamente né ad una caccia alle streghe né ad un accanimento giustizialista, ma quantomeno al riconoscimento di uno stigma morale verso chi ha contribuito, anche solo con la propria appartenenza, anche solo con la propria obbedienza, alla sussistenza e prosperità di un regime criminale. Ferma restando la dovuta attribuzione di eventuali colpe giuridiche individuali qualora riscontrabili e quindi riscontrate.




 


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