I. Di cosa parliamo esattamente?
Tentiamo una definizione. L'intelligence militare è un processo informativo volto a raccogliere analizzare e diffondere informazioni utili per la pianificazione e l'esecuzione di operazioni militari. Contribuisce alla sicurezza nazionale fornendo ai decisori istituzionali una comprensione approfondita del contesto operativo, incluse le capacità, le intenzioni e le vulnerabilità del nemico. In sintesi, l'intelligence militare mira a ridurre l'incertezza e migliorare la consapevolezza della situazione, supportando così le decisioni politiche, strategiche e tattiche.
La dottrina classica ci insegna che esistono tre diversi tipi di intelligence, vale a dire:
▪️intelligence strategica: si tratta basicamente di intelligence politica-militare analitica predittiva di possibili scenari contro antagonisti o governi ostili, delle loro capacità offensive generali comprese armi di distruzione di massa (WMD), del loro coinvolgimento in crisi e conflitti e relativo dispiegamento delle forze a livello di scenario o di teatro. In sostanza, l'intelligence strategica fornisce ai massimi decisori politici e militari di una nazione importanti se non essenziali chiavi di valutazione a medio-lungo termine. In linea generale i principali produttori di intelligence strategica sono le grandi agenzie nazionali di intelligence.
▪️Intelligence operativa: si tratta basicamente di intelligence militare e si concentra sull'acquisizione, analisi e diffusione di informazioni rilevanti per le operazioni militari da pianificare oppure in corso. In tal senso include tutte le possibili informazioni sulle forze ostili, quali leadership, organizzazione e dislocazione dei reparti, intenzioni, prontezza, mobilitazione, logistica, capacità tecniche ecc.: in altre parole tutto ciò che occorre agli alti comandi operativi per pianificare le operazioni militari nel contesto degli scenari elaborati dai massimi decisori politici e militari, traducendo le informazioni strategiche in azioni tattiche concrete. l'Intelligence operativa, tarata sul medio termine, comprende l'analisi degli elementi politici, sociali e culturali presenti nello scenario preso in esame, la cui misinterpretazione può causare danni catastrofici: un esempio, l'errata valutazione dello FSB russo sulle attitudini della popolazione ucraina nei confronti di una invasione, rivelatasi una specie di wishful thinking.
▪️Intelligence tattica: si tratta basicamente di una combinazione di informazioni sulle attività correnti del nemico, dati tattici di combattimento e notizie su forze ostili irregolari e di guerriglia, insurgency, terrorismo, criminalità armata ed altri ragguagli ambientali adiacenti all'ambito della guerra ibrida. In pratica l'Intelligence tattica è focalizzata sulla creazione di una completa consapevolezza situazionale (situational awareness) a breve e brevissimo termine, a beneficio dei comandanti tattici locali. Una particolare forma di intelligence tattica riguarda poi l'ambito cyber (cyberthreat intelligence), dove viene intesa come la capacità di individuare e rispondere agli attacchi informatici del nemico analizzandone tecniche, tattiche e procedure.
Esiste poi una quarta recente dimensione, sintetizzabile come intelligence omnicomprensiva, collocabile nello spettro della guerra ibrida ed affini. Derivata dalle scienze aziendali e definita come Knowledge Development (KD), consiste in un insieme di processi ed attività focalizzati all'approfondimento della comprensione di sistemi complessi, andando oltre i meri aspetti militari e considerando fattori politici, militari, economici, sociali, infrastrutturali, mediatico-informativi, ambientali e temporali, ossia lungo l'intero spetto PMESII-PT. In altre parole, una visione olistica integrata di un determinato contesto operativo in grado di definire le interazioni tra individui, sistemi ed ambiente e finalizzata a mappare l'ecosistema sociale nel quale si opera. Questa disciplina è in grado di supportare l'analisi degli scenari (intelligence strategica), la pianificazione delle operazioni (intelligence operativa) e la conoscenza ambientale (intelligence tattica) collocandosi a supporto delle altre tre.
Le tre dimensioni classiche interagiscono su tre livelli interconnessi di analisi ed azione, influenzandosi reciprocamente e contribuendo nel loro insieme alla protezione del sistema cui appartengono secondo uno schema circolare: l'Intelligence strategica fornisce il quadro generale a quella operativa, che lo tradurrà in piani esecutivi costantemente aggiornati dall'intelligence tattica, il cui rapporto diretto con la situazione potrà fornire spunti e conferme utili all'intelligence strategica.
L'interconnessione circolare è la ragione per la quale ogni lacuna in ciascuna delle tre dimensioni ha ricadute sulle altre due, con conseguente disfunzionalità dell'intero sistema. La NATO, per almeno 50 anni della sua esistenza ha sperimentato questa disfunzionalità, che solo ultimamente è stata in parte corretta
II. La NATO e l'Intelligence: un problema disfunzionale
Partiamo da un dato di fatto. La NATO non dispone tutt'ora di una propria struttura di intelligence dedicata alle necessità dell'Alleanza e strumentale al raggiungimento dei suoi obiettivi. Non esiste né è mai esistita, in altre parole, una agenzia in qualche modo paragonabile ad una CIA, ad un MI6, ad una DGSE in grado di produrre intelligence e metterla a disposizione dei decisori politici e militari della NATO: una situazione che deriva dalla prospettiva con cui era stata costituita l'Alleanza nel 1949, vale a dire una struttura di coordinamento tra Forze Armate sovrane destinate a rimanere sotto comando nazionale ed in cui le agenzie di intelligence dei vari paesi alleati avrebbero continuato ad operare indipendentemente sotto il controllo dei rispettivi referenti politici, salvo eventuali accordi bilaterali ovvero collaborazioni occasionali prodotte da situazioni specifiche, rispettive inclinazioni, esigenze politiche ed opportunità.
Questo stato di cose, seppure talvolta riemerso negli anni come problema da risolvere, non è mai stato considerato prioritario tra i policymakers della NATO per una serie di ragioni.
▪️Mancanza di un sistema centralizzato di condivisione delle informazioni
All'interno dell'Alleanza ci si aspettava che la grande disponibilità di intelligence prodotta dalle agenzie americane sarebbe stata sufficiente a colmare questa lacuna attraverso una disseminazione che dai comandi militari USA presso ACE-SHAPE, raggiungesse i Gruppi d'Armate NORTHAG e CENTAG e quindi i sottostanti livelli tattici lungo le relative catene di comando.
Tale meccanismo, routinario in tempo di pace, sarebbe stato però ostacolato e di fatto reso inefficace in caso di guerra dalla mancanza di coordinamento, procedure e visione condivisa dell'intelligence, ovvero di una authority interna alla NATO in grado di gestire la complessa questione della ricezione, amalgama e condivisione a terzi di informazioni riservate provenienti dalle fonti nazionali
Ne sarebbe conseguito il fatto che in caso di guerra sul fronte tedesco, vale a dire in una condizione altamente dinamica e di enorme stress per il sistema, ogni agenzia avrebbe inevitabilmente adoperato i rispettivi canali di comando nazionali per ritrasmettere i materiali di intelligence di cui era in possesso direttamente ai propri reparti, senza poter accedere ad alcuna procedura di condivisione con gli altri partner dell'Alleanza: una condizione resa ancora più problematica dalle inferiori disponibilità, in termini di intelligence, dei partner atlantici rispetto agli USA (che disponevano di un proprio sistema di disseminazione) e dal conseguente disarmonico flusso informativo che avrebbe raggiunto i reparti alleati (belgi, olandesi, canadesi) paragonato alla massa riversata su quelli americani.
Questa realtà poneva la NATO in posizione di netto svantaggio rispetto ad un Patto di Varsavia fortemente centralizzato, in cui le forze armate dei paesi satelliti erano considerate mere estensioni dell'Armata Rossa e nel quale il KGB svolgeva il ruolo di dominus sopra la costellazione delle agenzie alleate, tutte largamente infiltrate ed eterodirette da Mosca e sostanzialmente prive di autonomia operativa.
▪️Sottostimata necessità di produrre intelligence operativa.
Un secondo problema che affliggeva la NATO in quel periodo era la mancanza di una fonte autonoma in grado di produrre intelligence operativa, vale a dire quel genere di informazioni necessarie ai comandi per pianificare lo sviluppo delle operazioni. La causa principale di tale lacuna era stata, negli anni '50, la strategia della risposta nucleare ad ogni attacco sovietico anche convenzionale, che avrebbe reso superfluo disporre di informazioni per una fase due convenzionale. Anche dopo l'adozione della risposta flessibile, avviata in era Kennedy, i policymakers europei sottostimarono per ragioni politiche la necessità di investire massicciamente in un settore considerato non-prioritario e che in ogni caso avrebbe potuto essere coperto, almeno parzialmente, dalle informazioni americane.
Secondo il Generale USA Bernard Rogers, SACEUR dal 1979 al 1987, ben il 90% del materiale di intelligence che raggiungeva il suo ufficio a Mons era di provenienza americana, con aggiunte britanniche e tedesche. Questa situazione, tutt'altro che ottimale, in caso di guerra avrebbe reso la NATO disfunzionale e parzialmente cieca in termini di intelligence operativa, in quanto allungava considerevolmente la catena di trasmissione tra i produttori di intelligence (le agenzie USA) ed i beneficiari terminali (i gruppi di forze multinazionali in Germania). In altre parole, in assenza di produttori alternativi a quelli americani non vi era alcuna garanzia che tutte le informazioni tatticamente utili avrebbero potuto essere fatte pervenire dai livelli strategici di comando (AFCENT, NORTHAG e CENTAG) ai comandanti operativi nei modi e nei tempi stringenti richiesti da un contesto di combattimento ad altissima dinamicità ed in perenne evoluzione.
Anche in questo caso si trattava di una eredità dell'approccio strategico con cui nei decenni della risposta flessibile (anni '60-'80) la NATO si era riproposta di affrontare uno sfondamento massiccio sovietico sul fronte tedesco ed in particolare a Fulda: vale a dire contenere fin dalle primissime ore dell'invasione, col semplice attrito della difesa avanzata, la forza bruta sovietica di primo scaglione, con l'intento di stabilizzare la linea senza dover cedere troppo territorio. In tale contesto la principale preoccupazione iniziale dei comandanti di gruppi d'armate e dei corpi d'armata subordinati, ossia coloro che avrebbero dovuto essere i maggiori beneficiari dell'intelligence operativa, sarebbe stata quella di manovrare rapidamente corpi e riserve per tamponare le brecce e contenere la spinta, basandosi essenzialmente sull'abbondante messe di informazioni prodotte dall'intelligence tattica che sarebbe certamente affluita dai comandi inferiori (divisioni e brigate).
Solo a quel punto sarebbe stato necessario ai comandanti alleati di settore, ricevere informazioni di intelligence di livello operativo in vista della fase due delle operazioni, che sperabilmente avrebbe dovuto cambiare la postura generale NATO da esclusivamente difensiva a difensiva-controffensiva. A quel punto però sarebbe stata l'Intelligence americana ad assumere il pieno controllo, rendendo superflua ogni altra considerazione.
Le priorità della NATO cominciarono a cambiare verso metà degli anni '80 a seguito della tecnologizzazione ed informatizzazione del campo di battaglia trainata dalla nuova dottrina operativa USA denominata "Airland Battle", che presupponeva una crescente integrazione tra tutti i sistemi d'arma presenti sul campo di battaglia europeo: non più limitato come in precedenza alla linea di attrito, ma esteso in profondità nelle retrovie del nemico.
Da qui, la necessità per i comandanti tattici, dal livello di brigata in su, di avere la piena consapevolezza situazionale dell'ambiente in cui avrebbero dovuto operare: i comandanti di brigata fino a 15 km nelle retrovie nemiche, i comandanti di divisione fino a 70 km ed i comandanti corpo d'armata fino a 150 km.
Alla dimensione spaziale si aggiungeva poi quella temporale, con uno scheduling preciso dei tempi di azione, reazione e movimento di ogni unità, accuratamente rapportati al livello operativo dell'unità stessa.
Un risultato di questa rielaborazione dottrinale, fu la riconfigurazione dell'intera architettura C3 dell'US Army in modo da renderla in grado di assorbire, elaborare e gestire la crescente massa di informazioni provenienti dalle più svariate fonti di intelligence, indispensabili ai comandi tattici per sfruttare le potenzialità ed i punti di forza della Airland Battle.
Si stava insomma facendo strada la necessità di disporre, già a partire dai medi livelli della catena di comando, di una situational awreness 24/7 del campo di battaglia: requisito che avrebbe costretto la NATO ad avviare un processo di rinnovamento nel pensiero e negli strumenti necessari al reperimento, elaborazione e condivisione delle informazioni di intelligence.
III. Le risorse di Intelligence del SACEUR di Mons
Vediamo ora quali sono gli strumenti di intelligence di cui la NATO dispone, partendo dal SACEUR e sempre tenendo presente la persistenza dell'assunto di base ereditato dal 1949, vale a dire l'apporto individuale delle singole agenzie nazionali alla causa comune: un problema irrisolto, mediato da alcuni correttivi.
1. La Divisione Operazioni J2 Intelligence
La Divisione J2 (Joint-2) è lo strumento più antico preposto all'utilizzo dell'intelligence militare, risalente alla Seconda Guerra Mondiale quando era conosciuto in ambito US Army con l'acronimo G2. Non si tratta di un reparto intelligence in senso stretto bensì di una funzione operativa attribuita ad un ufficiale di Stato Maggiore ed al suo staff, solitamente aggregato ad un comando di brigata o superiore. Nel nostro caso specifico, in quanto parte del SACEUR, l'ufficiale J2 ha il grado di generale ad una stella ed il suo staff equiparato ad un comando del livello di brigata.
Indipendentemente dal livello, i compiti di un ufficiale J2, di natura prettamente militare, sono essenzialmente i seguenti:
▪️Raccolta Informazioni tramite fonti sia interne sia esterne, compreso il recupero di documenti nemici, interrogatorio di prigionieri, contatti con elementi collaboranti, rapporti di servizi amici e alleati, ecc.
▪️ Analisi Informativa delle notizie raccolte al fine di identificare minacce, opportunità e tendenze, nonché compilazione di quadri analitici e valutativi delle medesime.
▪️Diffusione Informativa, a mezzo rapporti, valutazioni ed analisi ai comandi militari di riferimento ed eventualmente alle autorità competenti. Ad esempio, un ufficiale J2 di brigata riferirà al proprio comandante di brigata, nonché al soprastante ufficiale J2 di divisione.
▪️Supporto alle operazioni tramite il proprio contributo alla pianificazione delle missioni. Negli SM l'ufficiale J2 opera solitamente a contatto con l'ufficiale J3 preposto alle operazioni.
In ambito SHAPE la figura del J2 ha subito diverse evoluzioni nel corso degli anni pur mantenendo sostanzialmente inalterate le sue funzioni basiche. Ad esempio tra il 1951 ed il 1955, nella prima fase successiva alla fondazione dell'Alleanza l'ufficiale G2/J2 aveva la funzione di Assistente CSM (ACOS) e dipendeva dal Vice-CSM (DCOS), che a sua volta aveva il ruolo di G3/J3 (Piani & Operazioni) (Figura 4).
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Figura 3. Periodo 1951-1955 |
J22A (Analysis), J22C (Collation), J22CI (Current Intelligence), J23CIO (Current Intelligence Operations), J23FIO (Future Intelligence Operations), J25 (Plans & Policy), J26 (Intelligence Support), J2X (DCOS) e J2 GEOMETOC.
La sezione J22 Analysis dispone a sua volta di due cellule:
▪️Cellula di analisi est (NSD-E) della direzione strategica della NATO incentrata sul monitoraggio di Russia, Bielorussia ed altri paesi ex-Sovietici.
▪️Cellula di analisi sud (NSD-S) della direzione strategica della NATO incentrata sul monitoraggio dell'area a sud del Mediterraneo.
Da tutto ciò si comprende come il ruolo del J2 sia quella di raccogliere ed analizzare informazioni prodotte all'interno del proprio dipartimento, nonché quello di coordinarle ed assemblarle con quelle provenienti da altri settori del SACEUR (come ad esempio il J9).
Come già accennato precedentemente, quella di J2 è una funzione operativa presente presso i comandi di reparto ai vari livelli. In tal senso, immediatamente al di sotto della divisione J2 di Mons si trovano quelle degli JFC NORTH di Brunssum e JFC SOUTH di Napoli, le quali operativamente dipendono dai rispettivi comandanti, ma funzionalmente rispondono allo J2 di Mons. Rimangono sostanzialmente invariati ruoli e funzioni.
2. Il CCOMC dello SHAPE
L'area funzionale denominata Strategic Employment è una struttura a livello di divisione retta da un generale USA a due stelle che accorpa diverse entità operative nell'ambito dell'informazione militare, analisi, controspionaggio, valutazione dei bersagli e dei danni inferti al nemico mediante l'utilizzo dei più sofisticati strumenti di analisi dei dati. Tra queste entità troviamo il Centro di Gestione Globale delle Crisi e delle Operazioni, vale a dire il CCOMC
Secondo i manuali NATO il CCOMC deve essere in grado di approcciare, pianificare ed agire strategicamente e globalmente su ogni fronte di crisi, provvedendo alla piena comprensione di ogni aspetto della crisi, analizzandone l'impatto sulla sicurezza della NATO ed indirizzando le azioni dell'Alleanza in modo da ricavarne i più ampi benefici possibile, sia per la NATO stessa, che per i membri dell'Alleanza, che per i paesi appoggiati dalla stessa.
All'interno del CCOMC opera il cosiddetto CIG, ossia Crisis Identification Group, il cui compito è quello di fornire intelligence ed informazioni oltre che valutazioni ed analisi predisposte da un team di analisti sia civili, sia militari. Più specificatamente, il CIG deve identificare gli "indicatori di crisi" o di "crisi potenziale" nell'ambito di ogni scenario. Comandate del CIG è lo stesso ufficiale J2 che quindi sovrintende al lavoro di due elementi
▪️La sua stessa Divisione Operazioni J2 (si veda § 1.)
▪️La Divisione Analisi Politica e di Sicurezza PSA (si veda § 3.)
Dopodiché, sebbene lo SHAPE non abbia implementato alcuna struttura specificatamente impegnata nella Knowledge Development, la metodologia analitica utilizzata dal CIG di fatto ricalca i principi olistici della KD. Non è un caso quindi che presso il CIG presti servizio un ufficiale dello Staff J9 in grado di fondere i dati del J9 con quelli dello stesso CIG, assemblando così degli scenari ad ampio spettro, inclusi quelli nucleari: infatti, il CCOMC è in costante relazione con la Nuclear Operations Branch (NOB), vale a dire l'entità analitica preposta alla gestione delle questioni nucleari inerenti la NATO, quindi comunicazione, procedure, valutazione degli scenari di rischio e deterrenza, compreso l'allestimento di esercitazioni quali la Steadfast Noon, con coinvolgimento di diverse branche informative NATO, quali intelligence elettronica e ricognizione strategica.
3. Political and Security Analysis (PSA)
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad uno degli elementi compresi nell'area funzionale Strategic Employment. Parliamo della Political and Security Analysis Branch (PSA), vale a dire una branca preposta a sviluppare ricerca strategica focalizzata sul livello politico e relativa analisi dei risultati: i quali possono anche essere predittivi di potenziali crisi, di cui erano stati rilevati gli indicatori.
In sostanza la PSA è specializzata nel monitoraggio di specifici contesti regionali e tematici, sotto gli aspetti politico, economico, sociale ed altre dimensioni poste sotto la soglia militare. Sorveglia le aree di crisi potenziale ed interviene con pareri, analisi e strategie negli scenari post-combattimento, quali le missioni di peacekeeping, peace-enforcement, state-building ecc.
La PSA è un'entità prevalentemente civile, con apporti militari, che può avvalersi di esperti e consulenti esterni a contratto: non a caso per le ricerche e proiezioni si avvale della collaborazione del J9, ovvero l'ufficiale preposto alla cooperazione civile-militare (CIMIC) che fa parte del Partnership Directorate, ovvero all'area funzionale preposta all'interazione con attori non militari.
Operativamente, PSA è in grado di fornire capacità di ricerca e analisi in specifici ambiti regionali e tematici secondo gli orientamenti del SACEUR, con particolare attenzione alle crisi emergenti ed in corso.
4. L'Allied Command Counter Intelligence
Appartenente all'area funzionale Strategic Employment, l'Allied Command Counter Intelligence (ACCI) è una entità preposta al controspionaggio ed alla sicurezza fisica dei vertici del SACEUR. In tal senso racchiude in sè sia capacità analitiche, sia capacità operative ad elevata specializzazione.
▪️Relativamente al lavoro analitico, la missione dell'ACCI consiste nell'individuare, identificare, valutare, ostacolare e neutralizzare ogni possibile minaccia proveniente da servizi segreti ostili, organizzazioni terroristiche e minacce interne. Tra i compiti sono incluse indagini, raccolta di informazioni, sorveglianza ambientale, analisi delle operazioni.
▪️Relativamente al lavoro operativo, consiste nel proteggere il personale, le informazioni e le installazioni. A tal fine l'ACCI dispone di un reparto del 650th Military Intelligence Group, reparto USA a livello di battaglione con comando a Mons e distaccamenti suddivisi a protezione delle sedi NATO di Mons (SHAPE/SACEUR), Napoli e Verona (JFC), Brunssum, l'Aia e Geilenkirchen (JFC) e High Wycombe (RAF). Attualmente, ACCI risponde agli ordini del Colonnello Angela Reber, dell'US Army.
5. NATO Intelligence Fusion Centre (NIFC)
Il 16 ottobre 2006 presso la base RAF di Molesworth, in Gran Bretagna, veniva inaugurato il NATO Intelligence Fusion Centre, ossia la prima importante innovazione nelle strutture NATO di Intelligence, volta a superare i problemi di produzione, amalgama e disseminazione dei dati tra i partner dell'Alleanza di cui abbiamo parlato nel § 2.
Il NIFC infatti si propone come struttura multinazionale in grado di recepire dati di intelligence strategica e operativa rilevati da una varietà di sorgenti (SIGINT, ELINT, GEOINT, OSINT ecc.), nonché trasmessi dai partners aderenti al progetto NIFC, e quindi di amalgamarli, elaborarli, analizzarli e diffonderli tempestivamente sotto forma di prodotti standardizzati ai percettori finali ed in particolare ai vertici politici e militari dell'Alleanza, ai comandi subordinati ed agli stessi partners, secondo in rigoroso principio di condivisione dei dati.
Il progetto NIFC tuttavia non nasceva dal nulla, ma era stato il risultato di un lungo processo evolutivo durato 20 anni ed aperto con la missione NATO IFOR in Bosnia, nel corso della quale la carenza di informazioni sullo scenario da parte dei partners costrinse l'Alleanza a raccogliere intelligence in situ attraverso proprie cellule: esperienza poi replicata nelle missioni successive. Nel 2002 il summit NATO di Praga diede mandato ai vertici dell'Alleanza di migliorare le proprie capacità di intelligence, gettando così le basi per la fondazione del NIFC.
Al suo interno il NIFC risulta suddiviso in dipartimenti per ciascuna tipologia di sorgente: è ad esempio nota l'esistenza di una GEOINT Branch; così come esiste anche una suddivisione funzionale, comprendente la Analysis Division e la Operational Support Division: il tutto per una forza di oltre 200 elementi specializzati sia militari sua civili, attualmente coordinati dal Colonnello USAF Ty Gilbert.
Degno di nota poi il fatto che il NIFC condivida lo spazio di Molesworth con il Joint Analysis Centre (JAC), entità analoga ma facente parte dell'USAF e dipendente non dalla NATO bensì dallo US European Command (USEUCOM), il comando delle forze armate americane in Europa. I rapporti tra le due entità sono comunque di collaborazione e condivisione, non fosse altro perché alla fine appartengono alla medesima catena di comando, in quanto le posizioni di SACEUR NATO e di comandante dell'USAECOM sono da sempre occupate dalla medesima figura, attualmente il generale USA Alexus Grynkewich.
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FINE PRIMA PARTE
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